Mostra Di Anna Pozzuoli

Iad Incubo

Da Venerdì 16 Febbraio a Sabato 31 Marzo 2018 -
Teatro Summarte - Via Roma, 15 - Somma Vesuviana (NA)

IAD InCubo LA MOSTRA DI ANNA POZZUOLI A SOMMA VESUVIANA

 “IAD InCubo” è il titolo della mostra di Anna Pozzuoli che si inaugura venerdì 16 febbraio  alle ore 19 presso il Teatro Summarte in via Roma 15 a Somma Vesuviana (Napoli).

Nei suoi lavori Anna Pozzuoli affronta in chiave concettuale e con umorismo la dipendenza telematica. L’esposizione si ricollega al percorso già avviato dall'artista nella mostra “InCubo”, presentata nel 2011 all'Ascult La Roggia di Pordenone. Da “InCubo” è nato poi “IAD. Internet addiction disorder”, allestito nel 2014 ad Aversa (Caserta) con grande successo in occasione dell’evento “Artisti in osteria”, presso l'Osteria Vintage e Cucina di Diego Sarra e Francesca Prisco. La mostra venne proposta dal critico d’arte Enzo Di Grazia e presentata da Enzo Battarra.

Così descrive Anna Pozzuoli l’intervento realizzato nello spazio del Teatro Summarte: «La mia istallazione a parete “IAD InCubo“ vuole essere un ologramma 3D di un display con le windows e le sue icone, e in modo ossessivo troviamo le famose icone di “IAD“. Su altre pareti frammenti di icone, mentre di impatto all’ingresso ci sono i pannelli “Qunatum”. Ciò che Orwell aveva predetto nel celeberrimo “1984” trova oggi un riscontro sempre più evidente nella società in cui viviamo e agiamo: un grande occhio digitale ci osserva, ci sorveglia e cerca di influenzare le nostre esistenze. Queste sono le motivazioni e le esigenze del mio nuovo lavoro in workingprogress».

Mentre il critico d’arte Enzo Battarra così scrive sui presupposti dell’installazione: «Incubo, come nightmare, oppure InCubo, come living in a box. Il senso della vita non cambia. Paura, ansia, timore di soffocamento: sono sintomi comuni. Un demone notturno giace con noi e ci rinchiude in un cubo nero. Anna Pozzuoli svela la consapevolezza di una vita imprigionata in una scatola, una vita rinchiusa in se stessi. Si iniziano i giorni, a volte, in una incubatrice che ci fa sopravvivere al male ambientale, ma si rimane poi tutti incubati in un contenitore impalpabile che ci schiavizza, che ci toglie la luce».