Duetti

200 Grammi Di Teatro A Sera

Da Giovedì 13 a Domenica 16 Ottobre 2016 - dalle ore 20:30
Teatro Bolivar - Via Bartolomeo Caracciolo, 30 - Napoli (NA)

TEATRO BOLIVAR start up stagione 2016/2017

DUETTI 200 grammi di teatro a sera direzione artistica Ettore Nigro e David Jentgens

29|30 settembre 1|2 ottobre 2016 13|14|15|16 ottobre da giovedì a sabato ore 20.30 | domenica ore 18

Abbiamo deciso di iniziare la stagione 2016/2017 del teatro Bolivar con la più antica delle arti, ovvero l'arte del racconto. In ogni parte del mondo, dai suoi albori ad oggi, gli uomini si sono sempre seduti, e continuano a farlo seppur più di rado, intorno a un tavolo o a un fuoco per raccontare e ascoltare storie, fiabe, gesta o fatti realmente accaduti, talvolta enfatizzati. La necessità di raccontare e di raccontarsi continua a essere il fondamento delle relazioni umane e per questo crediamo che possa essere un buon inizio per questa nuova stagione del Bolivar.

Oggi  il racconto ha cambiato pelle ed è diventato monologo, ma l'esigenza da cui nasce non è cambiata. Ogni attore, prima o poi, avverte la spinta prepotente di volersi confrontare con il “recitare da solo” per donare, in maniera diretta, paesaggi e visioni interiori.

Riteniamo che la condivisione del proprio mondo, con le sue sfumature ed emotività, diventi un invito a guardarsi dentro, a ripiegare sulla propria interiorità, trovando così la cura per stare bene.  

I monologhi, oltre a essere una risposta organica all'imbarbarimento produttivo contemporaneo, fungono anche da screening, fornendo informazioni sullo stato di salute del teatro oggi. Le diversità stilistiche e poetiche individuali, inoltre, diventano pozzo di ricchezza per gli spettatori e per chi ancora crede nel teatro come via di cura.

David Jentgens ed Ettore Nigro

giovedì 13 ottobre ULTIMO PRIMO GIORNO DI RE FERDINANDO scritto pensando a “Le memorie di un pazzo” di Nikolaj Vasil'evič Gogol' di Cristian Izzo con Anna Bocchino e Raimonda Maraviglia regia e adattamento Ettore Nigro

Mavra, impiegata comunale, è convinto di essere stato incoronato Re di Spagna – oggi, come ieri, come sempre – e viene chiusa in manicomio. Il disturbo d'identità ogni giorno resetta la sua mente, facendole vivere sempre un solo unico giorno: il primo - e quindi l'ultimo - da sovrano.

Perennemente innamorato, Ferdinando, della sua corona e di una “donna” per cui è impazzito, forsennatamente impegnato nel suo progetto di salvare la luna, Ferdinando trova un amico e un validissimo alleato nel dottore che lo prenderà in cura. Il dottore cercherà di aiutarlo usando metodi diversi da quelli convenzionali, agendo non sul “come” ma sul “perché”, suggerendo all’infermiera di somministrare cure e non bastonate. Attraverso il paziente, che si scoprirà essere paziente e dottore allo stesso tempo, anche l’infermiera vivrà una seconda rinascita.

ANGELO DELLA GRAVITÁ (un'eresia) di Massimo Sgorbani con Michele Schiano di Cola regia Michele Schiano di Cola disegno luci Gennaro Di Colandrea | musiche Michele Maione | scene e costumi Lia Anzalone

Angelo della gravità è un testo nato in seguito alla lettura di una notizia riportata anni fa sui giornali: negli Stati Uniti un detenuto nel braccio della morte era in attesa che la sua condanna a morte venisse eseguita tramite impiccagione. L’esecuzione, però, era stata sospesa perché il condannato in questione era grasso al punto che il suo peso avrebbe spezzato la corda del boia. Il fatto di cronaca è rimasto un semplice spunto. Angelo della gravità non è la storia di quell’obeso, ma di un obeso, un uomo con evidenti problemi di disordine alimentare e di immaturità psicologica, un animo infantile intrappolato in un corpo cresciuto a dismisura. La sua unica consolazione è il cibo. Il cibo, un tempo ricevuto dalla madre, è il solo, più alto dono d’amore che lui conosca. E proprio inseguendo il cibo l’uomo approda nel paese da favola dove i supermercati sono aperti a tutte le ore e i panini sono come quelli dei fumetti: gli Stati Uniti. Qui, in terra straniera, consuma l’efferato ma candido delitto per il quale viene condannato all’impiccagione. Il monologo è il resoconto che l’uomo fa delle sue vicende mentre attende di essere appeso alla corda del boia. L’obeso approda alla visione celeste degli “angeli della gravità” che, grazie alle loro ali, vincono il peso della materia e si elevano verso Dio.

venerdì 14 ottobre PAZZO AD ARTE frammenti di vita che ci ri-guardano liberamente tratto da alcune scene dell'Amleto di William Shakespeare di Alessandra Niccolini e Giuseppe Pestillo con Giuseppe Pestillo oggetti di scena  Alessandra Niccolini

Lo spettacolo, nato per omaggiare il grande drammaturgo inglese in occasione del IV centenario della sua morte, prende vita dopo un lungo periodo di studio dell'Amleto dove sono state di fondamentale importanza, per lo sviluppo della drammaturgia e la comprensione di determinati nodi drammatici, le analisi che Orazio Costa Giovangigli ha avuto modo di lasciare nei suoi anni di insegnamento, regista e maestro di teatro. Ne è venuta fuori una performance per un solo attore che pone gli spettatori faccia a faccia con la contemporaneità delle amletiche vicende e con i sentimenti e le emozioni  universali di cui l'opera shakespeariana è portatrice. L'attore diventa, di volta in volta, personaggi diversi del dramma, scegliendo tra il pubblico i suoi interlocutori con lo scopo di accorciare le distanze tra un testo “sacro” del teatro e la nostra vita, immergendolo nel quotidiano della convivialità.  «Ci siamo divertiti – spiegano gli autori – a trasformare alcuni dialoghi del dramma in monologhi in cui il personaggio, pur rivolgendosi ad una persona, pare che non ascolti affatto l’altro, come tutti noi sperimentiamo nella quotidianità quando trattiamo il nostro interlocutore come “due orecchie” per i nostri soliloqui e viceversa».

MIRARI di Anna Bocchino, Dario Rea, Arturo Scognamiglio con Anna Bocchino e Dario Rea regia Arturo Scognamiglio scena Luca Serafino

Sempre più spesso l’essere umano ha difficoltà ad agire bene con se stesso, ad ascoltarsi e a rispettare il proprio sentire reale, interno, e non quello derivante dalle influenze provenienti dall’esterno. Ci si dimentica di noi in quanto essere comprendente una dualità da curare e nutrire equilibratamente. Ne nasce una incapacità di rapportarsi agli altri con coscienza di sé, viziando i rapporti con menzogne, inganni, punti di vista distorti sugli accadimenti.

Com'è possibile che qualcuno veda chiaro quando non vede nemmeno se stesso, né quelle tenebre che egli stesso proietta inconsciamente in ogni sua azione? Si fa di tutto, anche le cose più strane, pur di sfuggire alla propria anima. Ed è quello che Pietro fa. Occupa il suo tempo per non sentirlo vuoto, senza chiedersi realmente cosa voglia fare, cercando di riempire esteriormente una mancanza che proviene da dentro ed ha origini più profonde. Un giorno, tornando a casa, incontra Mira. L’incontro armonico che ne verrà, cambierà irreversibilmente il percorso di entrambi.

sabato 15 ottobre REQUIEM A PULCINELLA [RAP] un percorso di ricerca e creazione a cura della Scuola Elementare del Teatro / Conservatorio Popolare per le Arti della Scena diretto da Davide Iodice   di e con Damiano Rossi turntablist, b-boy Ivan Alfio Sgroi coro, figure, tecnica Tommaso Renzuto Iodice | coordinamento artistico e tecnico Michele Vitolini

Damiano è uno dei tanti rappers campani, dei tantissimi, parlatori, straparlatori, che dalle innumerevoli crew piantate in città o (come nel suo caso) nei paesi dell’entroterra, continuano a lanciare il proprio grido ritmico, elaborando disagi, inquietudini, desiderio. La particolarità di Damiano è quella di ‘essere sceso dalla crew’, per così dire, e di aver scelto il teatro, portando con sé tutti i suoi ‘chiodi’, le sue ferite, la sua rabbia, i suoi  ‘bits’, ma anche una maschera antica. Da questa abbiamo tratto la forza combustiva per un primo studio scenico. Accompagnato dallo scratching di Ivan Alfio Sgroi e dalle incursioni di Tommaso Renzuto Iodice, altro  ‘allievo’ della Scuola Elementare del Teatro, questo giovane ‘griot’ contemporaneo, intona qui il suo requiem ostinato e vitalissimo per una terra che non finisce di morire e forse per tutta una generazione. 

LA GEISHA CHE DANZA PER AMORE ainoyume regia coreografia e danza Chiara Alborino/Compagnia Danza Flux produzione Danza Flux

Si tratta di un solo di teatro e danza contemporanea, ispirato al teatro giapponese, e in particolare alla figura della geisha, al teatro Nō, al Kabuki, ma anche alla ricerca dei significati, delle tradizioni e musiche giapponesi: dall'uso dei Sakura, i tipici fiori nipponici, al suono dello Shakuhachi, il caratteristico flauto dritto. I testi guida sono di Kuki Shuzo, Murakami e Yasunari Kawabata.

Un’ anziana geisha, in un’atmosfera sospesa tra realtà e sogno, si reca sulla tomba dell’amato defunto per rievocarne la presenza attraverso un rito d’amore e pianto. Dai sentimenti generati dal ricordo nascono delle danze. Poesia, purezza, eleganza, mistero è ciò che la danzatrice evoca attraverso un linguaggio corporeo ricercato nelle movenze, nella gestualità e nella rottura della continuità del movimento attraverso cenni di tribalità ancestrale, superando in questo modo il confine tra la cultura occidentale ed orientale.

domenica 16 ottobre GIANNI BREIL di e con Pietro Tammaro adattamento Alberto Mele regia Pino Carbone

Una storia semplice e assurda, come solo dentro un dipartimento di psichiatria può nascere. In Gianni Brail è concentrata la malattia mentale, le violenze, i rapporti con la famiglia, l’omosessualità, la voglia di maternità, l’arte come unico veicolo di speranza e di salvezza. Un amore salvifico anche quando distorto, piegato, incompreso, urlato, violento.

E così, una volta terminata la mia degenza, ritornato negli strali di questa città allucinante e allucinata, ho cercato il modo per far sì che tutte le idee raccolte prendessero forma. Il monologo raccoglie la necessità di raccontare tutte le implicazioni sociali, emotive e civili dell’essere pazzi in un mondo che ancora oggi contempla le malattie mentali solo da un punto di vista patologico.

In Gianni Brail, un omosessuale bipolare ricoverato per l’ennesima volta, convinto di aspettare un bambino a seguito di uno stupro che lui non riesce a considerare come tale, convivono una serie di domande alle quali la società odierna sembra non voler dare risposte. A cosa serve la verità se non a renderci liberi? A chi possiamo chiedere aiuto, se non riusciamo a pagarne il prezzo? A cosa serve cercare di guarire se il mondo non è pronto ad accettarci così come siamo?

SHAKESPIRANDO #45# uomo attore – solo libero adattamento da “Amleto” di William Shakespeare di e con Piergiuseppe Francione 

Un viaggio di uomo-attore solo, un tradito Amleto che vede e sente troppo e sceglie la via del folletto pazzariello punk per dire delle scottanti verità, tra cui quella di essere tutti morti vivi in una gran bella prigione a cielo aperto. Senza la maschera il pagliaccio-uomo non trova altra via d’uscita se non quella di credere solo ed esclusivamente alla possibilità che l’arte e, nel caso specifico, l’attore e l’attrice, possano incastrare le coscienze dei malfattori. Quando poi l’uomo osserverà, a posteriori, se stesso-attore non potrà non vedere di essere lui il primo vigliacco. Capisce, così, che solo riuscendo a non essere-non essere ciò che è stato fino ad allora, potrà grazie alla stesso processo che vive l’artista e l’attore, ritornare ad essere ciò che è: un essere umano. L’arte, che è amore e bellezza, forse ci salverà.                        

Info Il teatro Bolivar è in via Bartolomeo Caracciolo 30, Napoli A pochi passi dalla metropolitana Linea 1 – fermata Materdei Prezzo biglietto 15 euro (2 monologhi a sera) Per info 081 544 26 16 – www.teatrobolivar.com