Sogno Di Una Notte Di Mezza Estate

E A Midsummer Night’s Dream

Da Giovedì 20 a Domenica 23 Ottobre 2016 - dalle ore 21:00
Teatro Sociale - Via Bellini, 3 - Como (CO)

SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

Como, Teatro Sociale: 20 e 22 ottobre 2016

di William Shakespeare Teseo/Oberon Enzo Curcurù Ippolita/Titania Sara Borsarelli Bottom Marco Bonadei Starveling Corinna Agustoni Quince Luca Toracca Elena Clio Cipolletta Ermia Sarah Nicolucci Lisandro Vincenzo Giordano Demetrio Loris Fabiani Puck Giuseppe Amato Tisbe Lorenzo Fontana Leone Vincenzo Zampa Fata Emilia Scarpati

Traduzione Dario Del Corno Regia Elio De Capitani Scene Carlo Sala Costumi Ferdinando Bruni Musiche originali Mario Arcari Coro della notte Giovanna Marini Luci Nando Frigerio Allestimento del Teatro Elfo di Milano A MIDSUMMER NIGHTS DREAM

Como, Teatro Sociale: 21 e 23 ottobre 2016

Opera in tre atti. Musica di Benjamin Britten. Libretto tratto dall’omonima commedia di William Shakespeare adattato da Benjamin Britten e Peter Pears.

Prima rappresentazione Aldeburgh, Jubilee Hall, 11 giugno 1960

Oberon Raffaele Pe Tytania Anna Maria Sarra Puck Simone Coppo Theseus Federico Benetti Hippolyta Arina Alexeeva Lysander Alex Tsilogiannis Demetrius Paolo Ingrasciotta Hermia Cecilia Bernini Helena Angela Nisi Bottom Zachary Altman Quince Nicholas Masters Flute Roberto Covatta Snug Rocco Cavalluzzi Snout Claudio Grasso Starveling Dario Shikemiri

Direttore Francesco Cilluffo Regia Ferdinando Bruni, Elio De Capitani Scene Carlo Sala Costumi Ferdinando Bruni Light designer Nando Frigerio Orchestra I Pomeriggi Musicali Coro di voci bianche Mousike’ SMIM Vida di Cremona Maestro del coro voci bianche Raul Dominguez Coproduzione Teatri di OperaLombardia e Fondazione I Teatri di Reggio Emilia

 

Un inusuale abbinamento tra prosa e lirica nel  “progetto Shakespeare” con la programmazione di A Midsummer Night’s Dream, opera in tre atti di Benjamin Britten, rappresentata in alternanza con il suo equivalente in prosa, Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare. L’intrigante progetto vede rappresentata un’ opera di rara bellezza e perfezione, composta da Benjamin Britten, poco frequentata dai cartelloni italiani, nell’allestimento di OperaLombardia con la direzione del Maestro Francesco Cilluffo. L’originalità del progetto a doppio filo consiste nell’alternare il titolo operistico (regia di Ferdinando Bruni e Elio de Capitani) alla corrispondente pièce teatrale di William Shakespeare Sogno di una notte di mezza estate (regia di Elio de Capitani). È così realizzato un progetto unitario ed innovativo che metterà a confronto la medesima opera teatrale proposta attraverso mezzi espressivi diversi unite dalla prestigiosa regia della storica ‘coppia’ Ferdinando Bruni e Elio de Capitani.

TUTTE LE DATE LOMBARDE

Cremona, Teatro Ponchielli: 7  e 9 ottobre 2016 Como, Teatro Sociale: 21 e 23 ottobre 2016 Pavia, Teatro Fraschini: 28 e 30 ottobre 2016 Brescia, Teatro Grande: 4 e 6 novembre 2016 Reggio Emilia, I Teatri: 18 e 20 novembre 2016

A MIDSUMMER NIGHT’S DREAM di Benjamin Britten Direttore Francesco Cilluffo, Regia Ferdinando Bruni e Elio de Capitani

Cremona, Teatro Ponchielli: 6  e 8 ottobre 2016 Como, Teatro Sociale: 20 e 22 ottobre 2016 Pavia, Teatro Fraschini: 26, 27 e 29 ottobre 2016 Brescia, Teatro Grande: 3 e 5 novembre 2016 Reggio Emilia, I Teatri: 17 e 19 novembre 2016

SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE di William Shakespeare Regia Elio de Capitani Allestimento del Teatro Elfo di Milano

Info www.teatrosocialecomo.it

Biglietti da 17€ + prevendita

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FRANCESCO CILLUFFO Direttore

Nato a Torino nel 1979, si è diplomato in direzione d’orchestra e in composizione presso il Conservatorio della sua città, laureandosi anche in storia della musica al DAMS. A Londra ha conseguito un master alla Guidlhall School of Music and Drama e un dottorato al King’s College, perfezionandosi nel frattempo con Michael Tilson Thomas (London Symphony Orchestra), Gianluigi Gelmetti (Accademia Chigiana di Siena), Iván Fischer (Budapest Festival Orchestra). È stato direttore assistente di Rani Calderon nel Simon Boccanegra (Opéra du Rhin, Strasburgo) e nella Semiramide (Danish Royal Opera House, Copenhagen), di John Mauceri (Danish Radio Symphony Orchestra), Lothar Zagrosek in Intolleranza 1960 di Luigi Nono (La Fenice di Venezia), Asher Fisch (Teatro Massimo di Palermo) e di Sir John Eliot Gardiner (Monteverdi Academy). Tra i suoi impegni passati ricordiamo: il Requiem di Mozart con l’Orchestra Filarmonica di Torino; The Servant di Marco Tutino al Teatro Rossini di Lugo; Le nozze di Figaro al Byblos International Festival; La bohème a Tirana; il Requiem di Cherubini con l’Accademia Stefano Tempia di Torino; Socrate di Satie al Barbican Centre di Londra. Tra le sue apparizioni più recenti si ricordano: Das Lied von der Erde di Mahler (orch. A. Schönberg) al Festival della Valle d’Itria di Martina Franca; Der König Kandaules di Zemlinsky al Teatro Massimo di Palermo; il Requiem di Duruflé e la Sinfonia n. 14 di Šostakovič con l’Orchestra Filarmonica di Torino; Il trovatore (progetto Pocket opera); L’Arlesiana per l’apertura della stagione 2013/14 del Teatro Pergolesi di Jesi; Cavalleria rusticana a Sassari; Tancredi per OperaLombardia; La cambiale di matrimonio al Regio di Parma e al Valli di Reggio Emilia; Il barbiere di Siviglia al Carlo Felice di Genova; Il campiello di Wolf-Ferrari per l’apertura di stagione della nuova Opera di Firenze; L’elisir d’amore per l’apertura della stagione 2015 del Regio di Parma e al Comunale di Modena; la prima mondiale dell’opera Le braci di Marco Tutino per l’apertura del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca; Nabucco all’Opera di Kiel; Guglielmo Ratcliff di Mascagni al Wexford Festival Opera; Roméo et Juliette alla New Israeli Opera di Tel Aviv; La traviata all’Opéra Royal de Wallonie di Liegi; Rigoletto al Jerusalem Opera Festival. Tra gli impegni futuri: il concerto di apertura della stagione 2016/17 dell’Orchestra Filarmonica di Torino; un concerto sinfonico con i Bremer Philharmoniker; Madama Butterfly, Nabucco e La bohème con la New Israeli Opera di Tel Aviv; Tosca alla Tulsa Opera (Oklahoma, USA).

ELIO DE CAPITANI Regista

Ha legato il suo nome al Teatro dell’Elfo entrandone a far parte non ancora ventenne nel 1973. Attore in molti spettacoli del giovane Gabriele Salvatores, passa alla regia nel 1982 con una personale versione di Nemico di classe di Nigel Williams che lancia i giovanissimi Paolo Rossi e Claudio Bisio. Nonostante molti lo ricordino nel film Il caimano di Nanni Moretti, la sua patria è il teatro: dal 1992 al 2014 è stato con Ferdinando Bruni direttore artistico di Teatridithalia, l’organismo che ha unificato il Teatro dell’Elfo e il Teatro Portaromana; dal 2015 ha la carica di delegato artistico oltre che di legale rappresentante. In 26 anni ha firmato più di trenta regie, soprattutto di drammaturgia contemporanea, dirigendo Mariangela Melato, Umberto Orsini, Toni Servillo, Lucilla Morlacchi, Ida Marinelli, Cristina Crippa, Ferdinando Bruni. Oltre al pluripremiato Angels in America (di cui è stato co-regista e attore), restano celebri anche altri spettacoli realizzati con Ferdinando Bruni, come Petra von Kant, La bottega del caffè e I rifiuti, la città e la morte. Dagli anni Novanta lavora intensamente anche sui classici, mettendo in scena Shakespeare (Sogno di una notte di mezza estate, Amleto, Il mercante di Venezia) e il teatro greco. Per ben quattro volte è stato ospite alla Biennale di Venezia, con Visi noti, sentimenti confusi di Botho Strauss, I Turcs tal Friûl di Pasolini, La monaca di Monza di Testori e Kaffeehaus di Fassbinder, diretto con Bruni. Nell’ottobre 2009 ha firmato la sua terza regia lirica, La Vera Costanza di Haydn, per il Teatro Real di Madrid, Comunale di Treviso, Ópera di St. Étienne, Opéra Royal de Wallonie di Liegi, Ópera de Rouen Haute-Normandie, Teatro Nazionale di Sofia, I Teatri di Reggio Emilia. Dal marzo 2010, mese d’apertura della nuova sede del Teatro dell’Elfo Puccini, firma Il racconto d’inverno di Shakespeare (ancora una volta con Bruni) e la pluripremiata commedia The History Boys di Alan Bennett. Nel luglio 2012 propone a Spoleto La discesa di Orfeo. Le stagioni 2013/14 e 2014/15 lo hanno visto impegnato, sia come regista che come interprete, in Frost/Nixon di Peter Morgan (firmato con Bruni) e Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller.

FERDINANDO BRUNI Regista e costumista

Dal 1973, quando fonda il Teatro dell’Elfo, lavora a tutto campo nelle produzioni della compagnia come attore, spesso in ruoli di protagonista, regista, scenografo e occasionalmente anche traduttore. Fino al 2014 è stato direttore artistico di Teatridithalia insieme a Elio De Capitani (attualmente hanno la carica di delegati artistici) e con lui ha firmato molti degli spettacoli che hanno segnato lo stile e la storia del gruppo: dalla trilogia di Fassbinder – Le amare lacrime di Petra Von Kant, La bottega del caffè, I rifiuti, la città e la morte – fino ai recenti successi di Angels in America di Tony Kushner e Il racconto d’inverno di William Shakespeare. Tra i successi personali vanno ricordate le interpretazioni shakespeariane di Amleto (1994), Il mercante di Venezia (Estate Teatrale Veronese, 2003), La tempesta. La sua maturità d’attore si è definitivamente imposta con il monologo SdisOrè di Giovanni Testori e Morte accidentale di un anarchico di Dario Fo, nel quale firma anche la regia con De Capitani. Tra le regie più riuscite vanno citati Zoo di vetro di Tennessee Williams e Il giardino dei ciliegi di Čechov, messo in scena nel 2006 con la compagnia dell’Elfo. Passa dalla direzione di giovani attori a quella dei più importanti nomi della scena italiana: nel luglio 2008 dirige Romeo e Giulietta, prodotto da Teatridithalia in collaborazione con Estate Teatrale Veronese e Amat, mentre nella primavera 2009, insieme a Elio De Capitani, dirige Mariangela Melato ne L’anima buona di Sezuan di Bertolt Brecht; e ancora nel 2010 torna a lavorare con i giovani affrontando Shopping and Fucking di Mark Ravenhill. Tra le sue ultime incursioni nel teatro musicale ricordiamo Carmen, prodotta da OperaLombardia (2008), di cui firma regia, scene e costumi, e l’interpretazione come voce recitante di Prospero, o dell’armonia di Fabio Vacchi, con la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Chailly (Teatro alla Scala, 2009). Nella stagione 2010/11 firma con Elio De Capitani due importanti successi: Il racconto d’inverno di Shakespeare e la pluripremiata commedia The History Boys di Alan Bennett. Nel 2012 è protagonista di Rosso, bestseller del teatro americano contemporaneo, che racconta la storia del pittore Mark Rothko, e di Alice Underground (entrambi per la regia di Francesco Frongia). Nella stagione 2013/14 firma con Elio De Capitani la regia di Frost/Nixon, testo inedito in Italia che vede i due registi protagonisti di uno straordinario successo, impegnati anche nei ruoli del titolo. Nell’ottobre 2014 firma la traduzione e con Francesco Frongia la regia del Vizio dell’arte di Alan Bennett, impegnato anche nel ruolo protagonista del poeta Wystan Hugh Auden.

CARLO SALA Scenografo

Nato in provincia di Brescia, dopo il diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, inizia la sua attività di scenografo collaborando a partire dal 1981 con il Teatro dell’Elfo di Milano, realizzando fra l’altro le scene di Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare con la regia di Gabriele Salvatores, anche nella successiva versione cinematografica. Dal 1981 ha firmato le scene (e in molti casi anche i costumi) di molti spettacoli, tra cui: Cavalleria rusticana e L’heure espagnole (regia Virginio Puecher) al Teatro Bellini di Catania nel 1985, Luisa Miller (regia Virginio Puecher e Italo Nunziata) al Teatro Filarmonico di Verona nel 1986, La serva padrona e Il maestro di cappella (regia Italo Nunziata) al Teatro Carlo Felice di Genova nel 1987, L’elisir d’amore (regia Italo Nunziata) al XIX Festival dell’Opera di Tenerife nel 1989, La bottega del caffè di Fassbinder tratto da Goldoni (regia Elio De Capitani e Ferdinando Bruni) al Teatro dell’Elfo nel 1991, Il guardiano dei coccodrilli di Balis al Festival di danza di Châteauvallon nel 1993, Decadenze di Berkoff (regia Elio De Capitani) al Teatro di Porta Romana di Milano, Il ballo delle ingrate (regia Italo Nunziata) a Spoleto. Molti sono i titoli per cui ha realizzato le scene dagli anni Ottanta ad oggi, e tra i suoi ultimi lavori ricordiamo: nel 2014 La bohème (regia Stefano Mazzonis di Pralafera) al Teatro Nazionale Tel Aviv, Decamerone da Boccaccio (regia Marco Baliani) al Teatro della Pergola di Firenze; nel 2015 Corpi eretici di Montalbetti (libretto e regia Marco Baliani) al Teatro Valli di Reggio Emilia, Harper Regan di Stephens (regia Elio de Capitani) al Teatro dell’Elfo di Milano; nel 2016 Comedians (regia Renato Sarti) al Teatro della Cooperativa di Milano, Otello di Shakespeare (regia Elio De Capitani) al Teatro dell’Elfo di Milano.

NANDO FRIGERIO Light designer

Specializzato nel campo dell’illuminotecnica teatrale, ha lavorato per più di cento spettacoli al Teatro dell’Elfo dal 1980 ad oggi. Ha iniziato firmando le luci de Il gioco degli dei, e da allora ha illuminato tutti gli spettacoli di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani e ha collaborato con Marco Baliani, Claudio Collovà, Francesco Frongia, Renato Sarti, Andrea Taddei, Roberto Valerio. La sua passione permette di realizzare impianti scenografici complessi e ha incantato migliaia di spettatori.

RAFFAELE PE Controtenore

È uno dei controtenori italiani più apprezzati sulla scena internazionale, sia nel repertorio operistico che in quello, raramente affrontato, del recitar cantando. A quest’ultimo, in particolare, è dedicato il suo primo album solista, l’acclamato The Medici Castrato (Glossa, 2015). Nell’estate 2015 ha cantato la prima in tempi moderni di Veremonda di Cavalli (Delio; Spoleto Festival e USA, 2015), nel ruolo di Ottone (L’incoronazione di Poppea) e nella prima in tempi moderni de Il Bajazet di Francesco Gasparini (Leone) per Opera Barga, inciso poi per Glossa. Tra i suoi recenti e prossimi impegni operistici si segnalano: Linceo (L’Ipermestra di Cavalli) a Glyndebourne diretta da William Christie, regia Graham Vick; Arsace (Berenice di Händel) al Göttingen International Handel Festival per La Nuova Musica di David Bates; Spirit (Dido and Aeneas) al Teatro Filarmonico di Verona, per la direzione di Stefano Montanari e la regia di Marina Bianchi. Ha approfondito lo studio della vocalità a Londra con Colin Baldy e Nicholas Clapton, e quindi a Bologna con Fernando Cordeiro Opa. Ha partecipato a masterclass di perfezionamento con il controtenore James Bowman, Sarah Walker e Sonia Prina. Nel 2009 è stato scelto da Sir John Eliot Gardiner per il prestigioso Monteverdi Apprenticeship Scheme, nel 2012 è stato scelto per il Britten Pears Young Artist Programme a Aldeburgh. Collabora con direttori come sir John Eliot Gardiner, Paul McCreesh, René Jacobs, Nicholas McGegan, Václav Luks, Ottavio Dantone, Alessandro De Marchi, Stefano Montanari, Antonio Florio, Andrea Battistoni, Leonardo García Alarcón, Claudio Cavina. Ha tenuto recital solistici a: Festival MiTo, Ravenna Festival, London Handel Festival, Roma Festival Barocco, Bologna Festival, Parma Traiettorie, Pavia Barocca, Kiev Festival Barocco, Beirut Chants. È stato il primo controtenore a cantare all’Arena di Verona nei Carmina Burana di Carl Orff, nel 2014 e nel 2015 per la direzione di Andrea Battistoni. È fondatore e direttore artistico dell’ensemble La Lira di Orfeo, con cui ha attivato nel dicembre 2015 una residenza artistica presso la Fondazione Cosway a Lodi, attraverso cui sta dando vita a un centro di dialogo tra musica antica e cultura contemporanea.

ANNA MARIA SARRA Soprano

Nata nel 1988, si è specializzata presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, l’Accademia Rossiniana del Rossini Opera Festival, la Scuola dell’Opera Italiana di Bologna ed è stata membro della Junges Ensemble del Theater an Der Wien (stagione 2012/13). Ha avuto modo di esibirsi in alcuni fra i più prestigiosi teatri e festival italiani ed esteri, fra i quali Theater an der Wien, Teatro São Carlos di Lisbona, Festival di Aix-en-Provence, Maggio Musicale Fiorentino, La Fenice di Venezia, San Carlo di Napoli, Filarmonico di Verona, Comunale di Bologna e Massimo di Palermo, collaborando con direttori d’orchestra quali Michele Mariotti, Jean-Christophe Spinosi, Michael Guttler, Marco Angius e registi come Moshe Leiser, Patrice Caurier, Damiano Michieletto e Henning Brockhaus. Nel corso della stagione 2014/15 ha interpretato con grande successo L’elisir d’amore (Adina) al Teatro Carlo Felice di Genova, le Quatre chansons françaises di Britten con l’Orchestra del Teatro La Fenice diretta da Jonathan Webb, Le toréador di Adam (Caroline) e Un ballo in maschera (Oscar) al Teatro Massimo di Palermo, La bohème (Musetta) presso il Teatro San Carlo di Napoli. Ha inaugurato la stagione 2015/16 cantato in una nuova produzione di Die Zauberflöte (Pamina) firmata da Damiano Michieletto per il Teatro La Fenice di Venezia. In seguito ha interpretato il ruolo di Autonoe (Die Bassariden di Henze) presso il Teatro dell’Opera di Roma e La vedova allegra (Valencienne) presso il Teatro San Carlo di Napoli. Ha debuttato inoltre presso l’Opéra de Toulon nella Dreigroschenoper. Fra i suoi prossimi impegni, annovera La bohème (Musetta) al Teatro Municipal de São Paulo, Carmen (Frasquita) presso il Teatro Regio di Torino, Un ballo in maschera (Oscar) all’Opéra de Toulon. È vincitrice di numerosi concorsi, tra i quali il 62° Concorso AsLiCo (2011), dove è risultata idonea. Ha seguito master di perfezionamento con Renata Scotto, Claudio Desderi, Alfonso Antoniozzi, Luciana Serra, Raúl Giménez, Bruno Bartoletti, Alberto Zedda, Francisco Araiza, Sonia Prina.

SIMONE COPPO Attore

Da sempre appassionato del mondo dello spettacolo, una volta conseguita la maturità classica, si diploma presso la Scuola di Arte Drammatica ‘Paolo Grassi’ a Milano. La sua formazione come attore prosegue effettuando uno stage di regia teatrale con Stefano Alleva. Nella sua breve carriera ha lavorato sia per il cinema (Io rom romantica, Narciso, Linea Gotica) che per la televisione (Una grande famiglia 3, Gli abiti del male e Life Bites).

FEDERICO BENETTI Basso

Nato a Roma, si è dedicato inizialmente agli studi pianistici, successivamente si è diplomato in canto presso il Conservatorio di Avellino nel 2004 con il massimo dei voti, sotto la guida di Carlo Desideri, perfezionandosi in seguito con Sergio Bertocchi. Ha partecipato a masterclass tenute da Bonaldo Giaiotti e ai corsi di Opera Studio presso l’Accademia di Santa Cecilia con Renata Scotto, Anna Vandi e Cesare Scarton. Dal 2005 ha iniziato l’attività concertistica in ambito sacro. Ha debuttato come Uberto (La serva padrona) a Terni, Colas (Bastien und Bastienne) e Masetto (Don Giovanni) in vari teatri del Lazio e dell’Umbria. Negli anni successivi è stato Alcindoro (La bohème) al Maggio Musicale Fiorentino e ha cantato ne Der Rosenkavalier all’Opera di Roma, Rigoletto e La vedova allegra al Carlo Felice di Genova, La fanciulla del West al Festival Pucciniano di Torre del Lago, Salome e Gianni Schicchi a Trieste. Nel 2012 sempre a Trieste è stato Lord Rochefort (Anna Bolena), Console di Milano (La battaglia di Legnano) e ha cantato ancora ne La vedova allegra. Nel dicembre 2012 ha debuttato nel ruolo di Sparafucile (Rigoletto) al Teatro Marrucino di Chieti. Nel 2013 è stato Zuniga (Carmen) al Teatro Verdi di Trieste. Ha debuttato nel ruolo di Enrico VIII (Anna Bolena) nell’ambito del Reate Festival 2013 a Rieti e in seguito è stato Sarastro (Die Zauberflöte) al Marrucino di Chieti e Simone (Gianni Schicchi) al Municipale di Piacenza. Nel 2014 ha cantato la Nona sinfonia di Beethoven, con Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini di Catania, nell’ambito del Festival Euro Mediterraneo al Teatro Greco di Siracusa. Recentemente è stato Sparafucile (Rigoletto) a Clermont-Ferrand e in tournée in Francia, ha interpretato La serva padrona a Roma e al Teatro Palladio, il Requiem di Mozart a Roma e Benevento, Pietro (Simon Boccanegra) a Toulon e Madama Butterfly alle Terme di Caracalla. Più recentemente ha preso parte alle produzioni di: Don Giovanni (Il Commendatore) a Treviso e Ferrara; Il barbiere di Siviglia (Don Basilio) a Clermont-Ferrand e in tournée in Francia; Tosca e La traviata a Toulon; Così fan tutte (Don Alfonso) a Tirana. Tra i suoi impegni futuri, Un ballo in maschera a Toulon.

ARINA ALEXEEVA Mezzosoprano

Nasce in Russia nel 1988. È vincitrice della prima edizione del Concorso lirico internazionale ‘Teatro Besostri’ di Mede per il ruolo di Rosina (Il barbiere di Siviglia) e della categoria esordienti al 67° Concorso AsLiCo (2016). Completato in Russia lo studio del pianoforte, nel 2009 termina lo studio del canto presso l’Accademia Statale di Arte e Cultura, vincendo una borsa di studio. Vince il premio ‘Concorso di arte contemporanea’ nel 2007 a Mosca. Nel 2009/10 viene ammessa presso il Conservatorio di Milano nella classe di canto di Jenny Anvelt, coprendo il ruolo di Serpina (La serva padrona) e di Fiordispina (L’impresario in angustie di Cimarosa). In seguito all’ammissione al biennio specialistico in canto, prende parte alla realizzazione di una pellicola cinematografica come interprete di Judith (Il castello del principe Barbablù di Bartók), proiettata ed eseguita nel 2015 con l’orchestra LaVerdi presso l’Auditorium di Milano. Ha vinto il premio speciale come miglior mezzosoprano al IV Concorso internazionale di canto lirico ‘Franca Mattiucci’ nel 2015.

ALEX TSILOGIANNIS Tenore

Nato in Kenya, cittadino greco, inizia a studiare pianoforte all’età di 14 anni. Scopre la passione per il canto successivamente, dopo essere stato ascoltato dal suo insegnante di pianoforte, che lo convince a cantare nel coro. Poco dopo, comincia ad affrontare delle audizioni da solista e si trasferisce a Londra, dove studia alla Guildhall School of Music and Drama, completando gli studi con una borsa di studio. Nel 2014 canta Pinkerton (Madama Butterfly) alla Regents Opera. In questi anni si è esibito nel Regno Unito e nel resto d’Europa.

PAOLO INGRASCIOTTA Baritono

Catanese, ha iniziato giovanissimo gli studi musicali e nel 2008 intraprende lo studio del canto prima a Imola e successivamente al Conservatorio di Venezia sotto la guida di Stefano Gibellato. Ha debuttato nel 2009 nell’opera per bambini Basilio, il vampiro vegetariano (Conte Drac) di Raffaele Sargenti al Teatro Comunale di Imola, spettacolo replicato anche nel 2010. Nel 2011 ha debuttato nel ruolo di Colas (Bastien und Bastienne) all’Osservanza di Imola, ha cantato Belcore (L’elisir d’amore) al Teatro Guardassoni di Bologna e al Teatro Masini di Faenza. Nel 2012 ha debuttato in Marullo (Rigoletto) e nel Barone Douphol (La traviata) per il Luglio Musicale Trapanese. Nel 2013 ha debuttato in Slook (La cambiale di matrimonio, regia Enzo Dara e direzione Giovanni Battista Rigon) al Teatro Malibran di Venezia, dove ha cantato anche Germano (La scala di seta, regia Giuseppe Morassi e direzione Maurizio Dini Ciacci). Selezionato per l’Accademia del ROF di Pesaro 2013, ha interpretato il ruolo del Barone di Trombonok (Il viaggio a Reims, regia Emilio Sagi e direzione Daniel Smith). Ha partecipato con successo a diversi concorsi internazionali, vincendo fra l’altro il Concorso ‘Toti Dal Monte’ 2013 per il ruolo di Schaunard (La bohème, regia Ivan Stefanutti e direzione Francesco Lanzillotta), che ha debuttato a Treviso, in coproduzione con i Teatri di Bolzano, Fermo e Ferrara. Ha cantato in seguito il Dottore Malatesta (Don Pasquale) a Brescia e Pépito (Pépito di Offenbach) a Milano con Milano Classica. Ha debuttato Max (Betly di Donizetti) al Bergamo Musica Festival nel 2014, Belcore (L’eisir d’amore) per il progetto Pocket Opera nel 2015, Gaudenzio (Il signor Bruschino) al Teatro Olimpico di Vicenza. Ha vinto il primo premio al Concorso lirico internazionale ‘Giacinto Prandelli’ 2015. Tra gli impegni più recenti: Schaunard (La bohème) per OperaLombardia (direttore Giampaolo Bisanti, regia di Leo Muscato), Procolo (Le convenienze e inconvenienze teatrali) a Treviso, città dove canterà anche Il gioco del vento e della luna di Luca Mosca.

Cecilia Bernini Mezzosoprano

Laureata con lode in biotecnologie, si è diplomata all’Istituto musicale ‘F. Vittadini’ di Pavia con Fernando Cordeiro Opa, con il quale tuttora si perfeziona. Ha approfondito il repertorio barocco con Lavinia Bertotti e ha frequentato il laboratorio lirico sul Novecento a Forlì, il corso di alto perfezionamento ‘Operando’ all’Accademia di alta formazione musicale di Verona e l’Internationale Sommerakademie der Universität Mozarteum sotto la guida di Marijan Lipovšek. Ha ricoperto il ruolo di Arsace/Demetrio (Demetrio di Mysliveček). Ha partecipato al Festival ‘Musica antica’ di Urbino e alla ‘Festa dell’opera’ organizzata dal Teatro Grande di Brescia. Collabora con l’ensemble di musica antica Il Demetrio. Ha debuttato come Dritte Dame (Die Zauberflöte) al Teatro Marrucino di Chieti. È stata selezionata per il ruolo di Clarice (Il mondo della luna di Galuppi) e come mezzosoprano solista in Ein Sommernachtstraum di Mendelssohn per il Piccolo Festival FVG nel 2014. È stata finalista al V Internationaler Gesangswettbewerb für Barockoper ‘P. A. Cesti’ di Innsbruck. È stata protagonista nell’Orfeo ed Euridice per il progetto ‘Micron Junior’ a Torino. Attiva nel repertorio sacro e quello contemporaneo, ha fatto parte dell’Orchestra ‘Luciano Berio’ diretta da Carlo Matti. Nel 2015 prende parte al progetto AsLiCo Milo, Maya e il giro del mondo di Matteo Franceschini  (Sharma; regia Caroline Leboutte) e canta ne Le nozze di Figaro (Cherubino) per OperaLombardia, sotto la direzione di Stefano Montanari e per la regia di Mario Martone.

ANGELA NISI Soprano

Nata nella provincia di Brindisi, si è diplomata in canto con il massimo dei voti presso il Conservatorio di Monopoli, perfezionandosi in seguito con Margaret Baker e Manuela Custer. Ha conseguito il Master in alto perfezionamento nel repertorio per voce e orchestra presso il Conservatorio di Monopoli. Si è inoltre perfezionata presso la Scuola di arti sceniche per cantanti del Teatro Stabile di Torino con Davide Livermore e presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma con Renata Scotto, Cesare Scarton e Anna Vandi. È laureata in Musicologia presso l’Università di Roma Tor Vergata (2005). Si è distinta in numerosi concorsi internazionali, vincendo fra l’altro i primi premi ai concorsi ‘V. Gentile’ (Fasano 2004), ‘F. Provenzale’ (Napoli 2006), ‘O. Ziino’ (Roma 2012). Ha fatto il suo debutto operistico al Festival di Bassano del Grappa come Micaela (Carmen; 2010), interpretando poi Pinocchio di Valtinoni al Teatro Regio di Torino, Lucia di Lammermoor (Lucia), Don Giovanni (Donna Anna) al Festival di Bassano, Un ballo in maschera (Oscar) al Teatro Massimo Bellini di Catania, La traviata (Violetta) al Varna Summer Festival, Carmina Burana al Teatro San Carlo di Napoli, Un giorno di regno (Giulietta) al Reate Festival, La bohème (Musetta) presso l’Aalto-Theater di Essen, Don Giovanni (Donna Anna) e La bohème (Musetta) a Skopje e Bangkok, Carmen (Micaela) a Cortona e Firenze, Il combattimento di Tancredi e Clorinda a Roma, La traviata (Violetta) a Essen. Nel 2013 e 2014 è stata scelta da Antonio Pappano per cantare la Petite messe solennelle con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Ha cantato il Requiem di Fauré al Teatro Lirico di Cagliari e Mysterium di Rota al Teatro Petruzzelli di Bari. Nel luglio 2015 ha interpretato Le braci di Marco Tutino (Kristina) in prima rappresentazione assoluta al Festival della Valle d’Itria con grande successo di pubblico e di critica, quindi nuovamente all’Opera di Firenze. Ha debuttato nel ruolo di Norina (Don Pasquale) a Rennes ed è stata nuovamente Violetta (La traviata) a Toulon. Il suo repertorio spazia dalla musica rinascimentale a quella del Novecento, passando attraverso la musica barocca e ottocentesca operistica, cameristica e sinfonica. Ha collaborato con direttori quali Jordi Bernàcer, Marco Berrini, Giampaolo Bisanti, Filippo Maria Bressan, Aldo Ceccato, Tito Ceccherini, Francesco Cilluffo, José Cura, Gianluigi Gelmetti, Francesco Lanzillotta, Paolo Olmi, Antonio Pappano, Sebastiano Rolli, Giuseppe Sabbatini, Flavio Emilio Scogna, Tiziano Severini, Philipp von Steinaecker, Honna Tetsuji, Hirofumi Yoshida, Marco Zambelli.

ZACHARY ALTMAN Basso-baritono

Ha debuttato nel maggio 2016 al Maggio Musicale Fiorentino come Mr. Gedge (Albert Herring di Britten). Ha recentemente cantato Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny di Weill e Die Bassariden di Henze all’Opera di Roma, teatro dove fra l’altro affronterà prossimamente il ruolo di Tierbändiger/Athlet (Lulu). Nella stagione 2014/15 a Basilea ha interpretato Tarquinius (The Rape of Lucretia), Schlémil/Hermann (Les contes d’Hoffmann) e Montano (Otello). Dal 2012 al 2014 è stato ospite all’Opera di San José, cantando Zurga (Les pêcheurs de perles), il conte di Luna (Il trovatore), Dr. Falke (Die Fledermaus), Ford (Falstaff), Sharpless (Madama Butterfly), Don GiovanniGianni Schicchi (ruoli eponimi). Nel 2012 e 2013 ha cantato al Caramoor Festival come Vaudemont (Les vêpres siciliennes), Marullo (Rigoletto), Astolfo (Lucrezia Borgia). È stato membro per tre anni alla Music Academy of the West, dove ha interpretato Don Giovanni (Don Giovanni), Dr. Miracle (Les contes d’Hoffmann) e Breedley (A Wedding di Bolcom). È stato inoltre Nimming Ned (The Beggar’s Opera) al Castleton Festival, sotto la direzione di Lorin Maazel, Guglielmo (Così fan tutte) e Arnalta (L’incoronazione di Poppea) al Chautauqua Institute. Ha studiato alla Manhattan School of Music.

NICHOLAS MASTERS Basso

Si è diplomato in canto all’Academy of Vocal Arts di Philadelphia, città dove attualmente vive. Nella stagione 2015/16 canta Colline (Colline) all’English National Opera e Roberto Devereux al Metropolitan Opera. Ha recentemente debuttato alla Garsington Opera nell’Idomeneo (Nettuno). Ultimamente ha cantato anche in Evgenij Onegin (Gremin) e Die Zauberflöte (Sarastro) all’Arizona Opera, Don Giovanni (Masetto) al Castleton Festival, Don Giovanni (Il Commendatore) alla Philadelphia Opera, Les vêpres siciliennes (Robert) e Guillaume Tell (Walter) al Caramoor Festival. Nel 2013 ha vinto il primo premio e il premio del pubblico al Dallas Opera Guild Vocal Competition. Come membro dello Houston Grand Opera Studio, ha interpretato Colline (La bohème) sia al Wortham Center che al Miller Outdoor Theatre. Ancora a Houston è Don Basilio (Il barbiere di Siviglia) e il Dottor Grenvil (La traviata). È stato inoltre Graf Waldner (Arabella), La Roche (Capriccio), Pistola (Falstaff), Raimondo (Lucia di Lammermoor) e Lord Rochefort (Anna Bolena). Ha cantato per due stagioni consecutive al Wolf Trap Opera, interpretando Bottom (A Midsummer Night’s Dream), Tempo/Nettuno (Il ritorno d’Ulisse in patria), Benoît/Alcindoro (La bohème). Ha preso parte all’Alba Music Festival cantando nel Requiem di Verdi. Sempre nel repertorio sacro, ha cantato anche nello Stabat Mater di Dvořák con la Greenwich Choral Society.

ROBERTO COVATTA Tenore

Nato a Torino, ha studiato canto con Rosetta Noli e seguito masterclass con Roberto Coviello, Luciana Serra e Ugo Benelli. Dal 2002 canta regolarmente presso alcuni dei più prestigiosi teatri europei (Dublino, Amsterdam, Brussels, Baden Baden, Berna) e in Italia ha cantato a Venezia, Milano, Ravenna, nel circuito toscano. Ha lavorato con i direttori Daniele Callegari, Paolo Carignani, Yannick Nézet-Séguin, Ingo Metzmaker, Alexander Anissimov, e il suo repertorio comprende diversi ruoli mozartiani (Don Giovanni, Così fan tutte, Le nozze di Figaro, La finta semplice), del repertorio barocco e classico (Alcina e Rodelinda di Händel, Il filosofo di campagna di Galuppi, Il mondo della luna di Haydn), ma anche Les contes d’Hoffmann, L’elisir d’amore, Falstaff, La traviata, Gianni Schicchi, I quatro rusteghi. Nel repertorio sacro, Requiem di Mozart, Nona sinfonia di Beethoven, Stabat Mater di Haydn, Magnificat di Bach, Samson e Alexander’s Feast di Händel. Si produce anche in recital liederistici, soprattutto Schumann, Brahms, Wolf, Mahler, e ha eseguito le operette La duchessa del bal tabarin, Addio giovinezza!, La vedova allegra.

ROCCO CAVALLUZZI Basso

Nato a Campobasso nel 1987, si è diplomato in canto con il massimo dei voti presso il Conservatorio di Campobasso, ha intrapreso gli studi con Marina Gentile per poi perfezionarsi successivamente con Sherman Lowe, con il quale studia tutt’ora. Ha frequentato masterclass tenute da Rolando Panerai ed Elisa Turlà. Prende parte all’Accademia del Belcanto ‘R. Celletti’ di Martina Franca, dove frequenta i corsi e le masterclass tenuti da importanti maestri come Sonia Prina, Sherman Lowe, Stefania Bonfadelli, Lella Cuberli e Fabio Luisi. Ha debuttato in ruoli da protagonista e da comprimario in numerose opere sotto la direzione di importanti direttori e registi. Fra gli ultimi impegni annoveriamo La traviata (Dottor Grenvil) presso il Teatro Petruzzelli, sotto la direzione di Daniele Rustioni e regia di Ferzan Özpetek; Rigoletto (Ceprano) di nuovo al Petruzzelli, diretto da Carlo Rizzari, regia di Denis Krief; Requiem di Mozart con l’Orchestra della Magna Grecia sotto la direzione di Piero Romano presso la Cattedrale di Taranto. Debutta nel ruolo di Mago Geonca (La donna serpente di Casella, direzione Fabio Luisi, regia Arturo Cirillo) nel 40° Festival della Valle d’Itria, dove interpreta anche il ruolo di Noye (Noye’s Fludde di Britten). Vince il concorso per partecipare all’Ópera Estudio de Tenerife dove ha interpretato il ruolo di Alidoro (La Cenerentola) presso l’Auditorio de Tenerife con regia di Silvia Paoli e direttore Matteo Pagliari. Nei primi mesi del 2015 debutta nei ruoli Don Alfonso (Così fan tutte), Colline (La bohème) e Tom (Un ballo in maschera). Ad aprile 2015 interpreta il ruolo di Alidoro (La Cenerentola) presso il Teatro Sociale di Rovigo con la regia di Francesco Esposito e direzione di Giovanni Di Stefano. Al 41° Festival della Valle d’Itria interpreta il ruolo di Roberto (Don Checco di De Giosa), regia i Lorenzo Amato e direzione Matteo Beltrami. Ad ottobre prende parte alla produzione de Il viaggio a Reims (Don Prudenzio) presso il Teatro Coccia di Novara, regia Giampiero Solari e direzione di Matteo Beltrami. Interpreta successivamente il ruolo di Colline (La bohème) presso il Teatro Petruzzelli diretto da Maurizio Barbacini.

CLAUDIO GRASSO Tenore

Tenore siciliano, studia canto tra Venezia e Roma e unisce presto gli studi vocali a quelli musicologici, laureandosi in musicologia a Cremona. Si esibisce per anni quale artista del Coro AsLiCo  e del Teatro Municipale di Piacenza; contestualmente, approfondisce i repertori polifonici antichi e contemporanei in ensemble specializzati quali il Coro Costanzo Porta di Cremona e il Coro Monteverdi di Crema. È Borsa (Rigoletto) e Goro (Madama Butterfly) al Saaremaa Opera Festival 2015 di Kuressaare (Estonia) e presso il Teatro Civico di La Spezia. Nell’estate 2016 si è esibito nel ruolo di Beppe (Pagliacci) per il Festival Lirica in Circolo a Crema. Per OperaLombardia è stato nel 2015 Un Notaro (Don Pasquale), con la direzione di Christopher Franklin e la regia di Andrea Cigni.

DARIO SHIKHMIRI Baritono

Nato a Firenze, affianca lo studio del canto agli studi di medicina e, dopo la laurea nel 2010, frequenta il Conservatorio di Firenze sotto la guida di Gianni Fabbrini. Debutta nel 2011 con Le convenienze ed inconvenienze teatrali per LTL Opera Studio dei teatri di Pisa, Lucca e Livorno. Nel 2012 partecipa all’Accademia rossiniana di Pesaro dove viene selezionato per cantare Don Alvaro (Il viaggio a Reims). Dallo stesso anno è presente nei cartelloni del Maggio Musicale Fiorentino dove canta La traviata (Barone Douphol), The Fairy Queen (Sleep/Corydon), Die Fledermaus (Falke) ed alcuni progetti per le scuole, come La Cenerentola (Don Magnifico) e Le allegre comari di Falstaff (Ford). Sempre per il Maggio Musicale Fiorentino prende parte alla prima esecuzione mondiale in forma scenica del Farnace di Vivaldi diretto da Federico Maria Sardelli e all’ultimo spettacolo allestito nella storica sala del Teatro Comunale, L’amour des trois oranges (Ridicule) per la regia di Alessandro Talevi. Nel 2015 canta ne La gazzetta (Anselmo) per il Rossini Opera Festival e successivamente nelle opere Der Kaiser von Atlantis (Der Tod), Hänsel und Gretel (Peter), La traviata (Barone Douphol) con l’Accademia dell’Opera di Firenze. Ha cantato inoltre sotto la direzione di Giampaolo Bisanti, Matteo Beltrami, Juraj Valčhua, Enrique Mazzola, Fabrizio Maria Carminati.

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SOGNI E ABISSI DELL’IO di Francesco Cilluffo

Un’opera ha successo solo se il compositore riesce a riempirla di tanti tipi di musica diversa.

Questo il principale suggerimento che Benjamin Britten era solito dare, e che mi è stato tramandato durante i miei studi londinesi da David Matthews e Alexander Goehr, due tra i suoi più famosi allievi. Nel seguire questo consiglio molto ‘artigianale’ (ma che si potrebbe tranquillamente applicare a capolavori come Carmen o Traviata) con un occhio tipicamente britannico alla praticità, si potrebbe trovare la principale formula del successo del Midsummer Night’s Dream di Britten; ad ogni mondo dell’azione corrisponde, infatti, un preciso e particolare universo musicale, ben delineato eppure appartenente ad una concezione unitaria dell’opera.

La mancanza, rispetto all’originale di Shakespeare, della cornice narrativa fornita dalla reggia di Teseo (che nell’opera compare solo nella seconda parte del terzo atto), ci indica che è proprio nella foresta – luogo dell’altrove rispetto alla polis di Atene – l’interesse di Britten, che fa iniziare l’opera nel bosco umido e notturno: la vegetazione è simbolo di fertilità e contaminazione, di scambio e gioco, tra pericolo e trasformazione. Già nell’introduzione orchestrale del primo atto ascoltiamo gli alberi quasi ‘respirare’ attraverso i prolungati glissandi, un materiale musicale che tornerà nei successivi ritornelli orchestrali; ricordiamo quanto nel Novecento musicale il glissando sia simbolo di trasformazione ma anche di allusione erotica (si pensi a LEnfant et les sortilèges di Ravel, alla Lulu di Berg ma anche al Bartók della Cantata profana, senza dimenticare Curlew River dello stesso Britten). Proprio il bosco è, nell’immaginario omosessuale coevo di Britten, anche il luogo della fuga dall’oppressione sociale, come è chiaro dal finale del Maurice di E. M. Forster (che fu anche librettista del Billy Budd di Britten) e, a ritroso, nella poesia di Walt Whitman.

In questo regno notturno troviamo la coppia sovrannaturale di Tytania e Oberon, le fate e il folletto Puck, tutti caratterizzati da una sonorità allucinata e sempre un poco sinistra che vede nell’impasto timbrico di celesta, clavicembalo, due arpe e percussioni la propria cifra caratteristica. Si tratta di un mondo musicale che si ispira al suono degli ensemble di gamelan il cui ascolto tanto aveva impressionato Britten nel suo viaggio a Bali nel 1956 (importantissimo per la scrittura del balletto The Prince of the Pagodas del 1957) e che nella produzione tarda del compositore caratterizzeranno l’innocenza amorale infantile, fino a sfociare nei Games of Apollo danzati alla presenza di Tadjou e Aschenbach in Death in Venice. Sotto questo aspetto Britten sembra aver replicato l’esperienza epifanica di Debussy nell’ascoltare lo stesso tipo di musica all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. Puck, unico personaggio che non canta ma parla (una sorta di parlato ritmato, libero nell’intonazione), e che vede nella tromba (alla quale si richiede un virtuosismo vertiginoso) un alter ego musicale, appartiene alla galleria di personaggi amorali tipici della produzione di Britten, da Peter Grimes ad Albert Herring, da Lucretia a Owen Wingrave, passando ovviamente dal piccolo Miles de The turn of the Screw, sorta di avo di Puck. L’essere amorale si affaccia sempre sull’abisso del ‘pericolo’ proprio perché non conosce i codici della società, e trova nel bambino la realizzazione migliore di quell’aspetto dell’essere infantile che Freud stesso definiva ‘perverso e polimorfo’.

Il quartetto degli amanti fuggiti nel bosco parla invece un linguaggio più umano, terreno, fatto di una pulsione e di una instabilità che privilegia l’inquietudine dell’affermazione del desiderio rispetto alla liricità dell’abbandono amatorio (almeno fino al sublime risveglio del terzo atto). L’amore per il teatro musicale mozartiano di Britten traspare anche nella scelta dei ruoli vocali delle coppie: Lysander (tenore) e Hermia (mezzosoprano), Demetrius (baritono) ed Helena (soprano), speculari a Ferrando e Dorabella e Guglielmo e Fiordiligi del Così fan tutte. Come per Mozart, Britten sembra volerci indicare, sin dalla scelta dei registri vocali (rispetto alle accoppiate classiche di tenore e soprano, baritono e mezzosoprano), che queste coppie faranno un cammino difficile prima di trovare un equilibrio finale. D’impianto mozartiano è anche l’orchestra che accompagna gli affanni amorosi del quartetto di amanti, nella sua tavolozza di archi e legni con pochi interventi di altri strumenti.

Al vivace gruppo degli artigiani viene invece associato un codice espressivo quasi da working class britannica, che oscilla tra ammicamento volgare e cameratismo goliardico, non senza un retrogusto dell’amato Falstaff verdiano (gli strumenti più usati sono gli ottoni, e in particolare il trombone, vero alter ego strumentale di Bottom). Tutto questo viene portato ad un grado di parossismo con la spassosa pantomina finale, nella quale Britten si diverte (e noi con lui) a creare tante parodie di stili musicali più o meno alti, dallo Sprechgesang ‘inutile’ di Snout-Wall ai deliri di Flute-Thisbe (dove si ammicca alla ‘follia’ della Lucia di Lammermoor, con tanto di cadenza con flauto), il tutto unito a certi gesti cabarettistici ereditati dalle collaborazioni con W. H. Auden negli anni Trenta. Ed è proprio la rocambolesca rapprentazione di Piramo e Tisbe a nascondere la vera estetica di Britten e del suo Festival di Aldeburgh (da lui creato e nel quale l’opera ebbe la prima assoluta nel 1960). Quando Teseo giustifica la scelta del gruppo di artigiani per la festa di corte, dicendo che la loro commedia «non può essere male, se è fatta con ingenuità e senso del dovere», si potrebbe infatti osare un’interpretazione metateatrale, e vedere il gruppo di artigiani come metafora di quella società popolare del Suffolk che tanta parte aveva avuto nell’ispirazione di Britten e che fattivamente rendeva possibile il festival. Britten è quindi alter ego di Teseo e Oberon, in quanto sovrano della sua corte musicale, ma anche di Bottom, il tessitore (metafora del compositore e librettista!), esperto di trucchi teatrali.

Il vocabolario armonico, come sempre in Britten, ha una forte base tonale, ma al tempo stesso il materiale musicale è organizzato in modo quasi seriale, basando l’intera opera su una concatenazione di triadi senza una vera relazione tonale gerarchica, gesto peraltro già utilizzato nella scena finale di Billy Budd per suggellare il momento misterioso (e nascosto) del confronto tra Captain Vere e Billy. Ma A Midsummer Night’s Dream è anche la prima grande opera nella quale Britten usa pienamente la sua ricerca sul barocco e in particolare su Henry Purcell, compositore di cui aveva revisionato ed eseguito Dido and Aeneas (ed in seguito The Fairy Queen, sorta di opera gemella del Midsummer). La scelta stessa di affidare un ruolo protagonistico ad un controtenore era, per il teatro d’opera di allora, assolutamente impensabile, e in effetti per anni la parte di Oberon fu affidata a mezzosoprani, tra i quali persino Elena Obraztsova nel debutto sovietico dell’opera (per la disperazione dei melomani e, credo, per fortuna di Britten, non esiste una registrazione).

Nell’interpretare quest’opera con artisti prevalentemente italiani, ho incoraggiato solisti e professori d’orchestra a far emergere la fibra espressiva della musica di Britten, che spesso viene erroneamente percepita come arida, esaltando il lato più lirico e spontaneo della partitura. Sotto questo aspetto, la registrazione diretta dal compositore stesso è illuminante, e, per ora, insuperata, facendo rientrare Britten, con Leonard Bernstein e Richard Strauss, nel ristretto gruppo di compositori grandi interpreti delle proprie opere. Seguendo in modo molto flessibile e, a volte, ignorando le sue stesse prescrizioni in partitura, l’opera diventa sotto la bacchetta di Britten un organismo vivo, che conosce mille indugi e inflessioni di rubato. Soprattutto, è chiaro come ogni singola scelta interpretativa rifletta un modo di concepire la musica come organismo vivo, flessibile nei colori e nell’espressione, estraneo alla freddezza analitica e arida dell’establishment musicale di allora; si pensi a quanto Britten debba scontare ancora oggi – con Poulenc, Korngold, Barber e ahimè molti altri – la condanna di certa avanguardia darmstadtiana che il tempo ha saputo, per fortuna, ridimensionare e storicizzare.

Invito quindi il pubblico a godere di questo Midsummer, cercandovi non solo la magia legata alla vicenda rappresentata, ma anche una riflessione, degna davvero di Shakespeare, sul sogno e sull’altrove, in un pendolo perpetuo tra affaccio sull’abisso che è in noi e ironica giocosità nel constatare i propri limiti e le proprie ambizioni. Britten stesso, sebbene persona di grande cultura e complessità, amava sdrammatizzare e semplificare anche le grandi questioni, rispondendo in modo semplice e lapidario a chi gli chiedesse quali fossero le differenze tra una sua opera e quella precedente: «le note sono sempre le stesse, cambia solo l’ordine».

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UN DOPPIO ONIRICO DEL BOSCO di Elio De Capitani

Portare in scena all’interno di un unico progetto il Midsummer Night’s Dream di Benjamin Britten assieme all’originale shakespeariano da cui è tratto è un avventura molto affascinante sia per noi artisti coinvolti che, ne sono certo, per voi spettatori. L’essere l’opera di Britten in inglese, per un pubblico italiano può costituire un filtro all’accessibilità di un’opera assai fruibile in lingua originale, lo testimonia la grande attenzione e il grande spasso delle platee quando viene rappresentato nei paesi di lingua inglese. Premettere la visione dello spettacolo shakespeariano nella versione del Teatro dell’Elfo – un grande successo rodatissimo, divenuta l’edizione canonica italiana per eccellenza – permette al pubblico di familiarizzare con i personaggi, la trama avventurosa e con l’incrocio dei tre plot (il mondo aristocratico di Atene, quello basso degli artigiani e quello notturno e magico delle divinità nordiche della notte). Permette anche di apprezzare, con l’alternarsi in due sere successive degli spettacoli, quanto alcuni tagli al testo operati da Benjamin Britten e Peter Pears – qui più drammaturghi che librettisti, visto che il libretto è proprio il testo di Shakespeare – possano spostarne la lettura: il ‘sugo che si spreme dall’opera’ (come strafalcionerebbe Bottom) anche se il testo nel suo insieme non si discosta di molto.

Rafforza l’idea già assai intrigante l’aver assegnato la regia dell’opera agli stessi autori dell’edizione in prosa: Carlo Sala ha avuto l’incarico di adattare la sua scena del Sogno in prosa alle ben diverse esigenze della regia d’opera ideata da me e da Ferdinando Bruni. La scena compatibile, pur assai modificata, è anche una esigenza – meritevole – di sostenibilità economica e logistica, viste le rapide alternanze prosa-opera. Da un lato questa esigenza non ha affatto limitato la fantasia di noi artisti, visto che abbiamo potuto andare a rovistare in soffitta, ovvero nei magazzini di ben tre teatri (Teatro Ponchielli, Teatro dell’Elfo e Teatro alla Scala) per dare il massimo fulgore visivo ai due diversi allestimenti, come il Sogno richiede, pur partendo dal celebre impianto del grande arco barocco blu elettrico del Sogno dell’Elfo, illuminato, sia in prosa che in lirica, dalla mano sapiente di Nando Frigerio.

L’aspetto più difficile del progetto nasce dalle due diverse drammaturgie. Britten sopprime il prologo, la scena-cornice ad Atene, lasciando a poche parole in una scena successiva la funzione di spiegazione dell’antefatto e posponendo alcune battute tra il Duca Teseo e la Regina Ippolita alla scena finale. Questa scelta di Britten non tiene in considerazione la possibilità di una lettura, come è ormai abituale nelle regie in prosa, per cui Teseo e Ippolita abbiano in Oberon e in Titania il loro doppio notturno. È una lettura fondata e feconda, ma, come diremo successivamente, non ancora in uso ai tempi in cui Britten scrisse l’opera.

Togliendo spazio a quella che viene spesso definita la lettura psicoanalitica del testo – ma lo è in senso lato, non strettamente freudiano – si perdono i ponti tra i due mondi e ci si deve immergere immediatamente nel mondo del bosco, senza quel prologo nella polis che rende ancora più inquietante lo spaesamento dei ragazzi quando si trovano immersi nella selva selvaggia. Abbiamo rimediato costruendo un intero contenitore della favola – che è esso stesso un doppio onirico del bosco – trasformato da noi in un luogo liminale che corrisponde al bosco della nostra infanzia: la soffitta magica del palazzo, non realistica ma onirica – il luogo dove si aggirano le creature lunari della notte guidate da Oberon e Titania: oltre a Puck, ci sono le fate e gli elfi, ovvero un coro di bambini che ricordano i Bimbi Perduti di Peter Pan (che in fondo è un Robin Goodfellow, alter ego di Puck da cui ha preso nome anche Robin Hood, a cui Peter Pan ha evidentemente rubato abito e cappello).

Nella prima scena i bimbi-elfi appariranno direttamente in scena, addormentati. Per permettere ai ragazzi e alle ragazze del coro di voci bianche di vivere l’esperienza teatrale con una consapevolezza legata ad una immagine metaforica a loro comprensibile, abbiamo detto di pensare di essersi appena addormentati nelle loro camerette e di essere trasportati in sogno nella soffitta-bosco: quello che ha inizio appena aprono gli occhi è il loro sogno. Del resto Puck dirà agli spettatori che pure loro hanno sognato, alla fine dello spettacolo.

Alcuni accorgimenti ci hanno permesso di rimediare positivamente ad alcune debolezze se non vere e proprie incongruenze della drammaturgia di Britten, utilizzando lo stesso espediente di Shakespeare nel finale, in cui le creature del bosco, e il bosco stesso, irrompono ad Atene per dare la benedizione alle tre coppie. Per noi questa intrusione avviene già all’inizio, mescolando i due mondi in quella soffitta mitica dell’umanità nata proprio ad Atene assieme all’invenzione della democrazie: il palcoscenico teatrale.

Se qualcosa si perde, molto altro si guadagna con la musica, la potenza espressiva del canto e la straordinaria capacità evocativa, cromatica, timbrica, ritmica, melodica, dissonante e con gli insinuanti suoni che evocano in orchestra il bosco stesso. Britten usa tutto quel che gli può servire e riesce ad ottenere anche un risultato che travalica Shakespeare: non il solo Demetrio esce dal bosco ancora stravolto dall’incantesimo, ma tutti e quattro i ragazzi ne sono al punto turbati da portarne tracce visibili nella scena che, non solo musicalmente, è tra le più belle dell’opera, quella del risveglio.