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Numero News: 515
Pubblicata il: 26/09/2016
Edgardo Franzosini Nella Sezione Narrativa E Milo De Angelis Nella Sezione Poesia Sono I Vincitori Della Trentunesima Edizione
News riferita a Evento:
Premio Letterario Giuseppe Dessì
Fonte
tagomago
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Edgardo Franzosini Nella Sezione Narrativa E Milo De Angelis Nella Sezione Poesia Sono I Vincitori Della Trentunesima Edizione
Edgardo Franzosini Nella Sezione Narrativa E Milo De Angelis Nella Sezione Poesia  Sono I Vincitori Della Trentunesima Edizione

Si è tenuta domenica sera (25 settembre) a Villacidro la cerimonia di proclamazione e premiazione del trentunesimo Premio letterario Giuseppe Dessì. Nel corso della serata, oltre alla proclamazione e premiazione dei vincitori delle due sezioni letterarie del premio, Edgardo Franzosini per la narrativa e Milo De Angelis per la poesia, sono stati consegnati tre riconoscimenti speciali. 

Due i Premi Speciali della Fondazione di Sardegna, assegnati al giornalista Giacomo Mameli e al Coro di Neoneli

L'archeologo Salvatore Settis ha ricevuto il Premio Speciale della Giuria del concorso letterario. 

Si riportano qui di seguito tre brevi dichiarazioni dei vincitori dei riconoscimenti speciali. 

Il giornalista Giacomo Mameli, che ha ricevuto il Premio Speciale della Fondazione di Sardegna, consegnato dal presidente della fondazione bancaria Antonello Cabras, commenta sulla figura dell’autore di “Paese d’Ombre”: “È uno dei fari della letteratura italiana che ci inorgoglisce”. E sul mestiere di giornalista spiega: “Raccontare le testimonianze di chi non ha mai avuto voce è un dovere per i giornalisti con la schiena dritta”.
  
Maria Sciola, figlia dello scultore Pinuccio Sciola, scomparso la scorsa primavera, ha consegnato un secondo premio speciale della Fondazione di Sardegna al Coro di Neoneli. Tonino Cau, leader del gruppo di canto a tenore, nei ringraziamenti spiega: “Il coro di Neoneli ha esordito il 25 settembre del 1976. Il destino ha fatto coincidere la data di oggi con quella del nostro debutto ed è un’emozione grandissima. L’arte per noi significa rischiare e se quarant’anni anni sono passati forse avevamo ragione”.
  
L’archeologo e storico dell’arte Salvatore Settis, premiato dalla presidente della giuria del Premio Dessì Anna Dolfi, afferma: “Ringrazio la giuria e la Fondazione del Premio e siccome non ho mai incontrato di persona Dessì. Ho preso il premio come un rimedio del destino. Tra Dessì e me c’è una città in comune che è Pisa”. E ha letto dei inediti: una corrispondenza di Giuseppe Dessì a Elio Cantimori, professore a Cagliari e alla Normale di Pisa.

Edgardo Franzosini nella sezione narrativa e Milo De Angelis nella sezione poesia 
sono i vincitori della trentunesima edizione del Premio letterario Giuseppe Dessì.
Nel corso della cerimonia di premiazione che si è tenuta questa sera a Villacidro consegnati anche i premi speciali a 
Salvatore Settis, Giacomo Mameli e al Coro di Neoneli.

Edgardo Franzosini con "Questa vita tuttavia mi pesa molto(Adelphi) nella sezione Narrativa e Milo De Angelis con "Incontri e agguati" (Mondadori) per la Poesia sono i vincitori del trentunesimo Premio "Giuseppe Dessì". I loro nomi vanno ad affiancarsi a quelli, già annunciati, dell’archeologo e storico dell'arte Salvatore Settis, insignito del Premio Speciale della Giuria, e dei vincitori del Premio Speciale "Fondazione di Sardegna", attribuito dalla Fondazione Dessì in collaborazione con l'omonima fondazione bancaria: il giornalista Giacomo Mameli e il Coro di Neoneli
Presentata dalla giornalista televisiva Natascha Lusenti e arricchita dagli intermezzi musicali del gruppo Sikitikis e della cantautrice Chiara Effe, e da letture degli attoriJacopo CullinRita Atzeri e Cristina Maccioni, la cerimonia di proclamazione e premiazione dei vincitori si è tenuta questa sera (domenica 25 settembre) a Villacidro.
 
I vincitori delle due sezioni letterarie, insieme al prestigioso riconoscimento, si aggiudicano un premio in denaro dell'importo di cinquemila euro, mentre agli altri finalisti – Emanuela E. Abbadessa con "Fiammetta" (Rizzoli) e Cristian Mannu con "Maria di Isili" (Giunti) nella Narrativa, e Vivian Lamarque con "Madre d'inverno"(Mondadori) e Franco Marcoaldi con "Il mondo sia lodato" (Einaudi) nella Poesia – vanno millecinquecento euro a ciascuno. 
 
Edgardo Franzosini, autore nato nel 1952 a La Valletta Brianza, in provincia di Lecco, la giuria del Premio riconosce di aver praticato, ancora una volta, nel suo "Questa vita tuttavia mi pesa moltouna "sua specialissima idea di biografia entro cui sempre s’accampa un personaggio reale la cui eccentricità, però, si consuma dentro un destino non si sa se più improbabile o implausibile”. È il Rembrandt Bugatti protagonista del romanzo, "artista di una certa notorietà all’inizio del Novecento per certi suoi bronzi di animali di spiccato esotismo, fratello del molto più famoso e amato Ettore, il fondatore della celeberrima e omonima casa automobilistica. Si tratta di personaggi che, seppure non privi di notorietà, in un modo o nell’altro, conducono la propria esistenza da una posizione che resta laterale, epperò con grande intensità e impegno umano""Il giorno in cui – conclude la giuria – si comincerà a scrivere una storia dell’Io non più condizionata dal monoteismo psicanalitico, sarà a scrittori come lui e a libri come questo che ci si dovrà rivolgere".
 
Milo De Angelis per "Incontri e agguati" la giuria assegna il premio per la poesia perché l'autore "in questo suo ottavo lavoro fa i conti con la morte, anzi, meglio, con l’esperienza della morte nella vita. Il testo di apertura di Guerra di trincea, la prima delle tre sezioni che compongono un libro di rara compattezza, programma – anche annunciando un corpo a corpo con modelli letterari monumentali – un viaggio ad alta intensità allegorica con l’esplicito fine di mostrare e raccontare segmenti rilevanti di vita a un 'amico', cioè a tutti i lettori: Vieni, amico mio, ti faccio vedere, / ti racconto""La poesia di De Angelis – spiega la giuria - con il suo andamento frammentato, con i suoi balzi analogici sorprendenti, con il suo senso persuasivo della giustezza, afferma l’insostituibile potenza euristica del verso".
 
I vincitori delle due sezioni letterarie del premio sono stati scelti tra i 212 titoli pervenuti per la sezione Narrativa e i 133 per la Poesia, dalla giuria di esperti presieduta daAnna Dolfi (tra i più autorevoli studiosi dell'opera di Giuseppe Dessì), Mario BaudinoDuilio CaocciGiuseppe LangellaMassimo OnofriStefano Salis, Gigliola Sulis, Giuseppe Lupo e l'ex presidente della Fondazione Dessì, Christian Balloi (di recente avvicendato nella carica da Paolo Lusci).
 
La stessa commissione giudicatrice ha deciso all’unanimità di attribuire il Premio speciale della Giuria Salvatore Settis per gli straordinari meriti scientifici del suo campo di indagine, e "in particolare per la sua importante e strenua difesa del paesaggio (paesaggio artistico e naturale, tanto caro tra l’altro anche a Giuseppe Dessí ) (…) con l’intento di sottolineare il suo costante richiamo al bene comune”. Anche al Premio Speciale della Giura è assegnata una somma di 5 mila euro. 
 
Il Premio Speciale "Fondazione di Sardegna", novità di questa edizione del Dessì, va al giornalista Giacomo Mameli per essere stato, nella sua lunga carriera "autore che ha prestato ascolto per restituire voce, memoria, dignità e storia ai suoi interlocutori (…) perché non vada persa la testimonianza, perché ne resti il valore e la carica", e al Coro di Neoneli – nel quarantesimo anno di attività - per il grande valore dato "alla proposta artistica e culturale che tiene alto il concetto di sarditudine non limitandosi alla sardità".
 
Edgardo FranzosiniMilo De Angelis e Salvatore Settis vanno dunque ad arricchire con il loro nomi l'albo d'oro del premio: un elenco che annovera scrittori del calibro di Nico Orengo, Laura Pariani, Salvatore Mannuzzu, Marcello Fois, Michela Murgia, Niccolò Ammaniti, Salvatore Silvano Nigro, Giuseppe Lupo, Antonio Pascale, Maurizio Torchio, poeti come Elio Pecora, Patrizia Cavalli, Maria Luisa Spaziani, Giancarlo Pontiggia, Alda Merini, Eugenio De Signoribus, Gilberto Isella, Gian Piero Bona, Alba Donati, Mariagiorgia Ulbar, e personalità di spicco della vita pubblica o culturale nazionale come Luigi Pintor, Sergio Zavoli, Alberto Bevilacqua, Francesco Cossiga, Arnoldo Foà, Marco Pannella, Piero Angela, Ascanio Celestini, Giulio Rapetti Mogol, Toni Servillo e Piera degli Esposti.
 
"È stato un successo di pubblico oltre ogni aspettativa", commenta il presidente della Fondazione Giuseppe Dessì Paolo Lusci. "Anche l'edizione di quest'anno si è caratterizzata per l'alto livello dei vincitori del concorso letterario e in più ha regalato un premio davvero speciale attribuito a Salvatore Settis. Inoltre, il premio della Fondazione di Sardegna ha segnato un nuova importante collaborazione. Chiuso il ciclo dei trentennale del Premio Dessì, siamo convinti di essere alla vigilia di nuovi entusiasmi che fanno ben sperare per il prossimo futuro". 
 
Il trentunesimo Premio Dessì è stato promosso e organizzato dalla Fondazione "Giuseppe Dessì" e dal Comune di Villacidro col patrocinio dell'Assessorato Regionale della Pubblica Istruzionedella Fondazione di Sardegnadel Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del GAL Linas Campidano.

 

MOTIVAZIONE PER L’ASSEGNAZIONE A SALVATORE SETTIS
DEL PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA 2016

Archeologo, storico d’arte, preside della pisana Facoltà di Lettere e Filosofia, direttore per oltre un decennio della Scuola Normale di Pisa (nella quale aveva avviato la sua formazione con studi in archeologia classica), socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei e di altre prestigiose accademie internazionali di arti e scienze, Salvatore Settis, oltre gli straordinari meriti scientifici nel suo campo di indagine riconosciuti in Italia e all’estero, si è imposto da anni all’attenzione nazionale - amato e seguito da un vasto pubblico - per le sue importanti e coraggiose battaglie in difesa del patrimonio culturale. Proprio con un libro dedicato all’Assalto al patrimonio culturale ha vinto nel 2003  il premio Viareggio-Saggistica, mentre per gli studi sulla prima parte della costituzione (quella che si occupa di tutela del paesaggio) gli sono state assegnate nel 2007 e 2008  lauree honoris causa in Giurisprudenza dalle Università di Padova e di Roma. Presidente del  Consiglio Superiore dei Beni Culturali, non esitò a dimettersi nel 2009 in polemica con scelte politiche che riteneva non garantissero né la cultura né la libertà di dissenso, proseguendo con coerenza fino ad oggi la sua battaglia contro il degrado civile e ambientale (si pensi in particolare ai suoi libri Paesaggio costituzione cemento del 2010; La  Costituzione incompiuta. Arte, paesaggio, ambiente del 2013).

In decenni di lavoro e ricerca, con la direzione e amministrazione di importanti centri (basti citare il Getty Center di Los Angeles), Salvatore Settis ha dimostrato brillantemente come lo studio della cultura greca e romana (quello della colonna Traiana o del Lacoonte, della villa di Livia o di Artemidoro, per limitarsi all’oggetto di alcuni suoi studi), l’approfondimento del rapporto tra artisti e committenza, la capillare conoscenza della fortuna nei secoli delle opere d’arte, possa combinarsi con un’ampia curiosità e tensione conoscitiva, come il rispetto e il culto della classicità possa nutrire una forte coscienza civile, facendo della proiezione nel futuro del classico la prova della possibile classicità (ovvero importanza, duratività) de e nel  futuro.

Il suo invito al coinvolgimento dei cittadini per il bene comune, l’interesse più volte attestato per le città a rischio (si pensi al suo Se Venezia muore del 2014), la voce alta levata contro la svendita del patrimonio culturale lo hanno portato nell’ultimo decennio a una collaborazione alle pagine culturali della“Repubblica” e del “Sole 24ore”, abituando i lettori alla sua schiettezza e dandogli un posto di rilievo nel dibattito politico di questi anni. La sua voce, con una fermezza non scevra di ironia e una integrità capace di guardare lontano, si è soffermata sui problemi della scuola, dell’Università, dei musei, su ogni questione che metta in gioco, insieme all’interesse del paese, libertà e giustizia.

Per questi motivi, in particolare per la sua importante e strenua difesa del paesaggio (paesaggio artistico e naturale, tanto caro tra l’altro anche a Giuseppe Dessí ), la Giuria del Dessí ha deciso all’unanimità di attribuire il premio speciale 2016 a Salvatore Settis, con l’intento di sottolineare il suo costante richiamo al bene comune. Come Settis ha avuto occasione di scrivere: “Bene comune vuol dire coltivare una visione lungimirante, vuol dire investire sul futuro, vuol dire preoccuparsi della comunità dei cittadini, vuol dire anteporre l’interesse a lungo termine di tutti all’immediato profitto dei pochi, vuol dire prestare prioritaria attenzione ai giovani, alla loro formazione e alle loro necessità. Vuol dire…”.

MOTIVAZIONE PER L’ASSEGNAZIONE AL CORO DI NEONELI
DEL PREMIO SPECIALE FONDAZIONE DI SARDEGNA 2016

La Fondazione Dessì ha ritenuto di attribuire questo premio, istituito grazie alla Fondazione di Sardegna, al Coro di Neoneli, che nel settembre del 1976 intraprendeva la propria carriera artistica, destinata a portare nel mondo un rinnovato concetto di sardità.

Il coro di Neoneli nasce grazie all'indiscussa dedizione di Tonino Cau, che al gruppo è riuscito a far percorrere itinerari culturali che vanno ben oltre la produzione canora. Infatti il Coro di Neoneli ha pubblicato nel corso degli anni una serie di volumi che ben rappresentano il cammino e l'evoluzione del gruppo che possiamo dire rappresentativo del percorso di cambiamento che ha caratterizzato e condizionato i rapporti tra la musica popolare di matrice etnico regionale e la musica leggera italiana. A questo proposito si ricordano le collaborazioni che nel corso degli anni hanno visto il gruppo sui palcoscenici nazionali e internazionali in compagnia dei maggiori autori degli ultimi quarant'anni. Da Elio a Guccini, da Branduardi a Baccini, in tanti hanno indossato i ritmi del canto tradizionale sardo proponendolo con una prospettiva innovativa ma mai rinnegante delle origini sarde. Il Premio Dessì, che ha lo scorso anno celebrato i suoi trent'anni si trova a riconoscere il grande valore, la passione e l'inestimabile contributo che questo gruppo ha dato per riscattare la suddittanza culturale per decenni imperante.

Giuseppe Dessì non ha mai nascosto la propria insofferenza e conflittualità nel raccordare il proprio rapporto personale con la Sardegna e la sua cultura e la legittima aspirazione a vedere riconosciuto il valore del patrimonio culturale isolano ben oltre i limiti geografici. Dessì sosteneva che stando a Villacidro si sentiva al centro del mondo e che solo qui, tra queste pietre e montagne era davvero consapevole della natura umana, e questo è un invito allo svalicamento delle barriere geografiche attraverso la valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Per queste ragioni, riconoscendo alla proposta artistica e culturale che tiene alto il concetto di sarditudine non limitandosi alla sardità, nel quarantesimo anno di attività viene attribuito questo premio al Coro di Neoneli.

MOTIVAZIONE PER L’ASSEGNAZIONE A GIACOMO MAMELI
DEL PREMIO SPECIALE FONDAZIONE DI SARDEGNA 2016

Giacomo Mameli è uno dei più importanti, affermati e riconosciuti giornalisti sardi. La sua esperienza si è formata in molteplici media, la carta stampata, le riviste, la tv, dove è stato pioniere, la radio e, da ultimo il web, e ha attraversato la storia degli ultimi decenni della Sardegna vivendola con partecipazione, interesse, occhio acuto e penna felice. Come dice il motto latino  “amicus Plato, sed magis amica veritas”: è stata la ricerca della verità, senza infingimenti e abbellimenti di comodo che ha dato la linea della sua produzione giornalistica.

Attento alle vicende economiche, troppo spesso trascurate dai colleghi e dagli intellettuali isolani, fascinati invece più dal colore e dall’emozione, spesso artefatta, disincantato esaminatore di fatti e numeri, Mameli ha però trovato una ulteriore vena negli ultimi anni, non rinunciando all’esperienza del libro e della narrazione.

I suoi libri, tra cui La squadra, Donne sarde, La Sardegna di dentro. La Sardegna di fuori, Non avevo un soldo sono l’approfondimento in veste di racconto-giornalistico di alcune delle realtà e delle intelligenze della nostra isola; un’eccezione che risente del rigore giornalistico e della necessità narrativa. Ma è con Il forno e la sirena, La ghianda è una ciliegia e Le ragazze sono partite che Mameli ha liberato finalmente la tensione narrativa per dare voce alle esperienze vissute e alle testimonianze in prima persona, riviste grazie alla sua penna di scrittore.

In questi romanzi-verità Mameli parte spesso da vicende della sua natìa Perdasdefogu per descrivere una realtà e un’umanità sofferente e dolente, in cerca, ancora prima che di umana pietà e di sollievo, dell’orecchio di un ascoltatore attento. Ecco, se la cifra finale di Mameli può essere condensata in una sola frase, siamo alla presenza di un autore che ha prestato ascolto per restituire voce, memoria, dignità e storia ai suoi interlocutori. Mameli ha raccontato per loro e per noi, perché non vada persa la testimonianza, perché ne resti il valore e la carica: e questo non vale per le storie sarde. Sono storie che valgono a tutte le latitudini. Per questo si fa il mestiere di scrittore: trasmettere agli altri storie che ci raggiungono nei modi più diversi.

MOTIVAZIONE PER L’ASSEGNAZIONE A MILO DE ANGELIS
DEL PREMIO DESSÌ 2016 – SEZIONE POESIA

La giuria assegna il premio per la poesia dell'anno 2016 a Incontri e agguati di Milo De Angelis. L'autore, tra le voci più apprezzate nel frastagliato panorama della poesia contemporanea, in questo suo ottavo lavoro fa i conti con la morte, anzi, meglio, con l’esperienza della morte nella vita. Il testo di apertura di Guerra di trincea, la prima delle tre sezioni che compongono un libro di rara compattezza, programma – anche annunciando un corpo a corpo con modelli letterari monumentali – un viaggio ad alta intensità allegorica con l’esplicito fine di mostrare e raccontare segmenti rilevanti di vita a un «amico», cioè a tutti i lettori: «Vieni, amico mio, ti faccio vedere, / ti racconto». Si parte dal più remoto contatto con la morte di un bimbo che assiste alla morte del padre durante la celebrazione di un compleanno, poi si attraversa un’avvincente serie di scontri e trattative – proprio come in una guerra di trincea – sino all’epifania della voce della morte, potente «figura plenaria», minacciosa e retoricamente astuta: «Sarai una sillaba senza luce, / non giungerai all’incanto, resterai / impigliato nelle stanze della tua logica».

La caratura della parola, su cui s’impernia la provocazione della voce, si fa più esplicita nel verso finale della prima sezione, nel quale l’io lirico si definisce come un «povero fiore di fiume / che si è aggrappato alla poesia», per diventare elemento costante nei versi della seconda sezione, Incontri e agguati: il figlio cui un padre si rivolge con un atto di parola - «io esco, come vedi, / dalla mia pietra per parlarti ancora» - è «offeso da una voce monocorde» che gli fa perdere «il gomitolo dei giorni»; l’amico devastato dalle droghe, capace di entrare «nel tremendo», di camminare «sul filo delle grondaie, nella torsione muscolare / delle cento notti insonni» e poi di salvarsi «per un niente», ci appare come «ulcerato da un chiodo» che chiamava ‘poesia’; il vecchio compagno di classe brillantissimo ritrovato alla stazione tra i derelitti del binario ventidue ha «ancora il guizzo / dello studente strepitoso» di chi sa scegliere «l’aggettivo / che si posa sul foglio e svetta», di chi sa costruire «la frase / di una lingua canonica e nuova».

Nel quadro spaesante di convivenza e connivenza di vita e morte, di gioia e dolore, di sorriso e incupimento, di caduta e trionfo, di contrazioni e accelerazioni imprevedibili della misura del tempo, alla parola «precisa», a «quella parola / che alla trincea della fine mostrò un frutto», è affidato il compito di costruire una memoria all’interno della quale riprendano forma e rivivano i corpi, si ripetano, rinnovati e rinnovellati, gli eventi minimi e massimi, tragici e trionfali delle vite.

È perciò, per questa caratteristica di campo in cui si giocano partite serissime con se stessi e con l’altro, che la memoria – luogo inzeppato di fatti, immagini e parole che, prima di essere trattati da atti di parola, coabitano in una dimensione sincronica – si pone come un’anticipazione dello spazio irrelato, il carcere di massima sicurezza di Opera, in cui si svolgerà Alta sorveglianza, l’ultimo tratto - sotto ogni aspetto sconcertante e liminare - di questo libro. In una prigione che ospita detenuti sottoposti a una pena senza fine il tempo è sospeso definitivamente e il passato ri-avviene incessantemente, spietatamente. E allora, «bisogna parlare», perché altrimenti «il veleno si fa strada in ogni silenzio». Bisogna insomma restituire un ordine almeno verbale al caos degli eventi.

In questo inferno, guidati da due voci nette e disperate, assistiamo al racconto e alla confessione del «minuto esteso», della «strage cieca e senza tempo» in cui un amante uccide l’amata. L’assassino, collocato in un aldilà speciale, esperisce in vita la morte altrui e la propria, e attende e invoca la morte ‘seconda’ come una grazia che interrompa il quotidiano ritorno dell’«uragano / della donna sterminata».

La poesia di De Angelis, con il suo andamento frammentato, con i suoi balzi analogici sorprendenti, con il suo senso persuasivo della giustezza, afferma l’insostituibile potenza euristica del verso.

MOTIVAZIONE PER L’ASSEGNAZIONE A EDGARDO FRANZOSINI
DEL PREMIO DESSÌ 2016 – SEZIONE NARRATIVA

Sin dal 1989, quando appariva il suo romanzo d’esordio Il mangiatore di carta (se escludiamo il precedente con l’editore Tranchida, scritto sotto le spoglie d’un fantomatico Edgar Lander), Edgardo Franzosini pratica con ostinazione una sua specialissima idea di biografia entro cui sempre s’accampa un personaggio reale la cui eccentricità, però, si consuma dentro un destino non si sa se più improbabile o implausibile. Per citarne solo alcuni: Raymonde Isidore, il protagonista del suo secondo romanzo, pubblicato nel 1995, il Picasso di Chartres insomma, il quale raccoglie cocci di stoviglie e pezzi di vetro, ricoprendo poi di mosaici tutto ciò che è possibile ricoprire della sua casa, dentro e fuori, fino a farne una sorta di cattedrale di detriti; Bela Lugosi, l’attore di origine ungherese cui è dedicato il romanzo che nel 1998 da Tranchida approda a Adelphi, il più elegante e malinconioso Dracula della storia del cinema, il quale si convince - e ci convince - di essersi definitivamente trasformato in un vampiro; Infine il Rembrandt Bugatti dell’intenso e limpidissimo Questa vita tuttavia mi pesa molto, artista di una certa notorietà all’inizio del Novecento per certi suoi bronzi di animali di spiccato esotismo, fratello del molto più famoso e amato Ettore, il fondatore della celeberrima e omonima casa automobilistica. Si tratta di personaggi che, seppure non privi di notorietà, in un modo o nell’altro, conducono la propria esistenza da una posizione che resta laterale, epperò con grande intensità e impegno umano. Del resto, come fa dire al suo personaggio più antico, quello che si ciba, con una certa ingordigia, della carta dei libri: «Un uomo senza ossessioni ignora cosa possa offrire la vita». A fermarci qui, resterebbe evidente il modello d’un libro come Vite di uomini non illustri (1993) di Giuseppe Pontiggia, il quale ha molto amato e promosso Franzosini, laddove, però, se le biografie immaginarie di Pontiggia sono così poco immaginose da sembrare reali, quelle reali di Franzosini sono così sorprendenti da parere immaginarie. Ma ciò varrebbe a ridurre l’importanza di Franzosini nel quadro della letteratura italiana di questi ultimi anni. Basterebbe infatti risalire da quel Pontiggia al Manganelli di Vita di Samuel Johnson (1961) e, soprattutto, al Savinio di Narrate, uomini, la vostra storia (1942), per allargare il campo, e così inscrivere Franzosini in quella tradizione di biografie inventate dal vero, e d’un vero inventato, cioè trovato secondo l’etimo latino e, insieme, fantasticato. Il Rembrandt di Questa vita tuttavia mi pesa molto vive empaticamente il rapporto coi suoi animali, sino al punto di far scrivere a Franzosini: «Dopo gli animali, il soggetto che Rembrandt Bugatti predilige è se stesso». Ecco: che Io è quello che concresce nei romanzi di Franzosini? Il giorno in cui si comincerà a scrivere una storia dell’Io non più condizionata dal monoteismo psicanalitico, sarà a scrittori come lui e a libri come questo che ci si dovrà rivolgere. Per tali ragioni Questa vita tuttavia mi pesa molto di Edgardo Franzosini vince la sezione Narrativa dell’edizione 2016 del Premio Dessì. 


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Data ultimo aggiornamento pagina 26/09/2016
Inserito da Michela Gesualdi
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