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Aprile 2024
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Aprile 2024
Numero Evento: 21169146
Eventi Mostre
Le Mostre Alla Galleria Civica Di Modena
Prossime Mostre 2018
Date:
Dal: 09/03/2018
Al: 22/07/2018
Dove:
Logo Comune
Corso Canalgrande, 103
Emilia Romagna - Italia
Contatti
Tel.: 059 2032911
Fonte
FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE
Evento Passato! Per aggiornamenti: segnalazione@eventiesagre.it
Scheda Evento
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Le Mostre Alla Galleria Civica Di Modena

Prossime Mostre 2018

Da Venerdì 09 Marzo a Domenica 22 Luglio 2018 - dalle ore 18:00
Galleria Civica - Corso Canalgrande, 103 - Modena (MO)

Le Mostre Alla Galleria Civica Di Modena - Modena

Ad Reinhardt. Arte + Satira
a cura di Diana Baldon

Galleria Civica di Modena
Sala grande di Palazzo Santa Margherita e Palazzina dei Giardini
Inaugurazione: venerdì 9 marzo 2018, ore 18.00

Periodo mostra: 10 marzo-20 maggio 2018

Venerdì 9 marzo 2018 alle ore 18.00 la Galleria Civica di Modena inaugura Ad Reinhardt. Arte + Satira, la prima mostra organizzata sotto l’egida della nuova FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE, di cui fa parte, a partire dallo scorso ottobre, la storica istituzione modenese.

La mostra, dedicata al celebre artista americano Ad Reinhardt (New York, 1913-1967), presenta per la prima volta in un’istituzione italiana un aspetto ancora poco studiato del suo lavoro. Benché l’artista americano sia noto principalmente come pittore astratto, questa esposizione raccoglie più di 250 opere tra fumetti a sfondo politico e vignette satiricheselezionati dagli archivi dell’Estate of Ad Reinhardt di New York. I lavori su carta sono accompagnati da una proiezione di diapositive scattate dall'artista in 35mm e ora digitalizzate, nonché da un considerevole numero di diari di viaggio, schizzi e pamphlet.

Conosciuto dal grande pubblico per i suoi black paintings, tele minimaliste, nere, realizzate negli anni Sessanta e venerate da un nutrito gruppo di artisti più giovani noti a livello internazionale – tra cui Sol LeWitt, Frank Stella, Robert Irwin, e Joseph Kosuth – l’eccezionale percorso di Reinhardt continua ancora oggi ad avere ampia risonanza. La pittrice sudafricana Marlene Dumas ha recentemente affermato: “Tutti coloro a cui interessa la differenza tra dipinti e immagini devono entrare in relazione con Ad Reinhardt. […] Chiunque trovi piacere nella critica d’arte e apprezzi l’ironia e lo humor […] non può che amare Ad Reinhardt”.

Reinhardt sviluppò il proprio interesse verso la pittura e il fumetto da bambino, mettendo a frutto questi talenti in numerose pubblicazioni scolastiche e durante i lavori estivi dalle scuole superiori al college. Nel corso degli anni Trenta e Quaranta, durante e dopo i quattro anni passati a lavorare in qualità di pittore astratto per la Easel Division del Federal Art Project degli Stati Uniti, Reinhardt creò più di 3.000 vignette satiriche e illustrazioni per copertine che apparvero su numerose pubblicazioni americane. Si ricordano i periodici New Masses, The Student Advocate The Fight Against War and Fascism; svariate riviste tra cui Glamour, Listen Ice Cream Field; nonché annuari di baseball e The Races of Mankind, pamphlet anti-razzista che vendette più di un milione di copie. Più notoriamente, Reinhardt lavorò nello staff artistico della redazione del quotidiano PM a partire dal 1943, realizzando le caratteristiche vignette-collage che uniscono elementi disegnati a mano a ritagli da libri di seconda mano, una tecnica inusuale mai apparsa prima sui quotidiani.

Dopo aver studiato e insegnato Storia dell’Arte per gran parte della sua vita, nel 1958 l’artista dichiarò: “Non credo nell’originalità. Io credo nella Storia dell’Arte”. Tale dichiarazione è comprovata nella sua serie di vignette sull’arte ampiamente omaggiata e riproposta, intitolataHow to Look. La celebre serie apparve a pagina intera nell’edizione domenicale di PM nel corso del 1946 e fu utilizzata dall’artista come piattaforma per difendere in modo adamantino lo sviluppo e la comprensione dell’arte astratta in America. Il fumetto presenta un approccio didattico nel quale Reinhardt ironizza sul ruolo dell’intrattenitore pronto a spiegare tutto e che non era diretto unicamente ai lettori ma anche ai colleghi artisti. Dopo essersi assicurato una cattedra al Brooklyn College nel 1947, Reinhardt pubblicò occasionalmente altre vignette sull’arte nei periodici ARTnews, trans/formation e Art d’aujourd’hui, dove espresse le sue taglienti osservazioni satiriche sul mondo dell’arte contemporanea del tempo.

Nel 1952 Reinhardt cominciò a girare il mondo in lungo e in largo. Nei suoi numerosi viaggi in Europa, Medio Oriente, Giappone e Asia Sudorientale scattò più di 12.000 fotografie a colori che furono presentate in occasione dei suoi leggendari “Non-Happenings”. Queste conferenze visive, presentazioni di diapositive simili a maratone, riordinavano geografie e periodi storici in stupefacenti e imprevedibili sequenze, trasformando la lezione di storia dell’arte in una parodia umoristica del diario di viaggio dell’artista. Numerose immagini provenienti da culture lontane trovano così corrispettivi e giocosi accostamenti: le natiche delle statue fanno il verso alle geometrie di un idrante urbano. Le loro composizioni formali richiedono allo spettatore grande attenzione, come i dipinti e gli scritti di Reinhardt incoraggiano una consapevolezza attiva mentre li si guarda e se ne fa esperienza. Lungo tutto il lavoro di Reinhardt, incluse le opere presentate in questa occasione, risulta evidente un’incredibile capacità di allargare la nozione corrente di quale sia il dominio estetico dell’arte, e di quale possa essere.

Ad Reinhardt. Arte + Satira è realizzata in collaborazione con Ad Reinhardt Foundation, New York, e Mudam Luxembourg, e con un ringraziamento particolare a David Zwirner, New York/London/Hong Kong. La mostra curata da Diana Baldon è stata originariamente presentata dal 12 giugno al 6 settembre 2015 con il titolo Art vs. History alla Malmö Konsthall, Svezia.

Biografia
Ad Reinhardt (1913-1967) è stato uno dei più importanti artisti americani del XX secolo. I suoi dipinti incoraggiano la partecipazione attiva dello spettatore nell’atto di guardare ed esperire l’“arte per l’arte”. Come disse l’artista: “L’arte è arte. Tutto il resto è il resto”. Nel corso della sua vita con le sue opere ha preso parte a importanti esposizioni museali, tra cuiAbstract Painting and Sculpture in America (1951-1952), Americans 1963 (1963-1964), e The Responsive Eye (1965-1966), The Museum of Modern Art, New York; The New Decade: 35 American Painters and Sculptors, Whitney Museum of American Art, New York (1955-1956);Abstract Expressionists Imagists, Solomon R. Guggenheim Museum, New York (1961);Painting and Sculpture of a Decade: 1954–64, Tate Gallery, Londra (1964); Black, White and Grey, Wadsworth Atheneum, Hartford, Connecticut (1964). Nel 1966, il Jewish Museum di New York organizzò la sua prima grande retrospettiva. Nel 1991 il Museum of Modern Art di New York inaugurò una retrospettiva del suo lavoro che in seguito fu esposta anche al Museum of Contemporary Art di Los Angeles. L’opera di Reinhardt è stata inclusa in recenti mostre presso il Whitney Museum of American Art, New York (2017), Haus der Kunst, Monaco di Baviera (2016-2017), National Gallery of Art, Washington, D.C. (2016-2017), Royal Academy of Arts, Londra (2016-2017) e Fondation Beyeler, Basilea (2016). Nel 2013, in occasione del centenario della nascita di Ad Reinhardt, David Zwirner ha presentato una mostra di vignette dell'artista, diapositive fotografiche e monocromi neri in collaborazione con la Ad Reinhardt Foundation e curata da Robert Storr. Le vignette, i fumetti sull'arte e le diapositive sono poi stati oggetto di una serie di mostre a cura di Diana Baldon presso Malmö Konsthall in Svezia (2015), EMMA – Espoo Museum of Modern Art in Finlandia (2016) e il museo Mudam Luxembourg in Lussemburgo (2017). Nel 2017 David Zwirner, New York, ha presentato una mostra dei blue paintings dell’artista in collaborazione con la Ad Reinhardt Foundation, la più vasta esposizione dedicata questo corpus di lavori di Reinhardt dal 1965.

Mostra Ad Reinhardt. Arte + Satira
A cura di Diana Baldon
Sedi Galleria Civica di Modena
Palazzo Santa Margherita (sala grande), corso Canalgrande 103 - Modena
Palazzina dei Giardini, corso Canalgrande - Modena
Periodo 10 marzo-20 maggio 2018
Press preview 8 marzo ore 11.00
Inaugurazione 9 marzo 2018 ore 18.00

Orari
Mercoledì-venerdì, 10.30-13.00 / 16.00-19.00
Sabato, domenica e festivi, 10.30-19.00

Ingresso gratuito

Informazioni
tel. +39 059 2032911/2032940 - fax +39 059 2032932
www.galleriacivicadimodena.it


Le Mostre Alla Galleria Civica Di Modena - Modena

A cosa serve l’utopia
a cura di Chiara Dall’Olio e Daniele De Luigi

Con opere di Abbas, Bruno Barbey, Yael Bartana, Taysir Batniji, Ian Berry, Fabio Boni, Mario De Biasi, Leonard Freed, Paula Haro Poniatowska, Swetlana Heger, Alejandro Hoppe, Jorge Ianiszewski, Francesco Jodice, Iosif Kiraly, Alex Majoli, Filippo Minelli, Daido Moriyama, Melina Mulas, Oscar Navarro, Ulises Nilo, Luis Poirot, Mark Power, Ishmael Randall Weeks, Aldo Soligno, Chris Steele-Perkins, Mladen Stilinović, Jinoos Taghizadeh, Franco Vaccari, Pedro Valtierra, Akram Zaatari, Patrick Zachmann, Zelle Asphaltkultur.

Inaugurazione: 27 aprile 2018, ore 18
Periodo mostra: 28 aprile - 22 luglio 2018
Galleria Civica di Modena
Sale superiori, Palazzo Santa Margherita
Corso Canalgrande 103, Modena

Inaugura venerdì 27 aprile 2018 alle ore 18 alla Galleria Civica di Modena la mostra A cosa serve l’utopia, a cura di Chiara Dall’Olio e Daniele De Luigi, prodotta da FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE nell’ambito del festival Fotografia Europea dedicato quest’anno al tema “RIVOLUZIONI. Ribellioni, cambiamenti, utopie.”

Il titolo della mostra è tratto dal paragrafo “Finestra sull’utopia” del volume Parole in camminodi Eduardo Galeano (1940-2015). Lo scrittore uruguaiano descrive l’utopia come un orizzonte mai raggiungibile, che si allontana da noi di tanti passi quanti ne facciamo. Chiedendosi “a cosa serve l’utopia”, si risponde “a camminare”.

Coniato nel Cinquecento da Thomas More, il termine utopia è passato progressivamente nel corso dei secoli a indicare non solo un luogo astratto o irraggiungibile, ma anche un progetto di società possibile, in cui perseguire obiettivi concreti come l’uguaglianza sociale, i diritti universali, la pace mondiale. Le rivoluzioni del Novecento ne hanno delineato una duplice natura: da una parte sogno concreto, speranza nel cambiamento, fiducia nel futuro; dall’altra capovolgimento in distopia, un modello di società che reprime le libertà dell’uomo e lascia un’amara disillusione verso gli ideali infranti o traditi.

La mostra esplora la tensione tra queste due dimensioni attraverso una selezione di fotografie e video di artisti e fotografi italiani e internazionali, provenienti dai patrimoni collezionistici gestiti da FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE e appartenenti alla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e al Comune di Modena/Galleria Civica, nello specifico la Raccolta della Fotografia avviata nel 1991 con la donazione della raccolta dell’artista e fotografo modenese Franco Fontana.

Le opere delle collezioni modenesi sono poste in dialogo con una serie di immagini scelte dagli archivi della Magnum, la prestigiosa agenzia fondata a New York e Parigi nel 1947 da Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, George Rodger e David Chim Seymour. Le fotografie Magnum, stampate su grande formato, ritraggono attraverso l’occhio di celebri fotoreporter come Abbas, Bruno Barbey, Ian Berry e Alex Majoli, momenti culminanti di rivolta divenuti iconici nell’immaginario collettivo come il Sessantotto a Parigi e Tokyo, la caduta del Muro di Berlino nel 1989, oppure il movimento per i diritti civili negli Stati Uniti negli anni Sessanta fino alla Primavera araba.

A cosa serve l’utopia istituisce una duplice dialettica: quella tra la ciclica alternanza di costruzione e frantumazione di un ideale, ma anche un dialogo serrato tra immagini create per differenti scopi — le une usate per raccontare a caldo sui media l’attualità politica, le altre per riflettere a freddo su fallimenti e cambiamenti, eredità e prospettive — che dà vita a un confronto tra pratiche fotografiche apparentemente contrastanti eppure profondamente connesse.  

Il percorso espositivo inizia con uno scatto emblematico del 1968 in cui studenti parigini, fotografati da Bruno Barbey si passano di mano in mano dei sampietrini. Segue Omaggio ad Artaud di Franco Vaccari che celebra il potere dell’invenzione linguistica di far immaginare ciò che non esiste, e prosegue con alcune immagini evocative dell’utopia comunista: dopo la gigantografia di Lenin fotografata da Mario De Biasi a Leningrado (1972), appare l’immagine creata dal rumeno Josif Király di alcuni ragazzi che nel 2006 passano il tempo libero seduti su una statua abbattuta del leader sovietico. Piazza San Venceslao a Praga nel 1968, fotografata da Ian Berry e gremita di giovani che si ribellavano all’occupazione russa, fa da contraltare alle opere che mostrano la sorte beffarda che subiscono talvolta le icone delle rivoluzioni: è il caso della serie Animal Farm (2007) della ceca Swetlana Heger, che mostra sculture di animali presenti nei parchi di Berlino le quali, secondo le informazioni raccolte dall'artista, sarebbero state realizzate con il bronzo della monumentale statua di Stalin rimossa nel 1961 dalla Karl-Marx-Allee; oppure di Sale of Dictatorship (1997-2000) dello slavo Mladen Stilnović, in cui i ritratti di Tito passano dalle vetrine dei negozi alle bancarelle dei mercatini di memorabilia.

Il percorso prosegue con alcune immagini riferite al Medioriente e ai suoi conflitti mai sanati: da quello iraniano con la rivoluzione khomeinista, testimoniata da uno scatto di Abbas nel 1978 e la rilettura fatta di quegli eventi in Rock, Paper, Scissors (2009) da Jinoos Taghizadeh — che marca l’enorme distanza che separa speranze di cambiamento e realtà — al conflitto israelo-palestinese, evocato dalle torri militari di avvistamento presenti in Cisgiordania che Taysir Batniji ha chiesto di documentare clandestinamente a un fotografo palestinese (2008), fino alle lettere che un detenuto libanese, imprigionato durante l’occupazione israeliana nel Libano meridionale, ha inviato dal carcere ai suoi cari e cheAkram Zaatari ha fotografato nel lavoro Books of letters from family and friends (2007). Completa questo gruppo di opere uno scatto di Charles Steele-Perkins che racconta proprio quei disordini del 1982.

La difesa della memoria storica intesa non solo come un omaggio alle vittime delle ingiustizie passate, ma anche come un atto di resistenza contro quelle future, è presente nella ricerca condotta in Cile da Patrick Zachmann sui luoghi teatro dei crimini del regime di Pinochet. Una serie di ritratti (tra gli altri di Francesco Jodice, Luis Poirot, Melina Mulas) incarnano altrettante e diverse forme di resistenza attive e passive, che si oppongono tanto a brutali repressioni quanto a forme di segregazione o controllo sociale in Tibet come in Giappone o in Tunisia. Due fotografie del 1963 di Leonard Freed rappresentano il sogno di uguaglianza del Movimento per i diritti civili in America. Il breve video dell’artista di origini peruviane Ishmael Randall Weeks rende onore, con una poetica metafora, a chi lotta per non cadere. Le opere di Filippo Minelli e del collettivo Zelle Asphaltkultur, pur frutto di azioni artistiche assai differenti (l’innesco di fumogeni colorati in contesti naturali idilliaci il primo, la realizzazione illegale di grafiche di esplosioni su vagoni ferroviari il secondo), sfruttano l’immaginario comune legato ai disordini e alla violenza per riflettere sul senso che esso assume nel mondo contemporaneo. La mostra si chiude con una delle utopie oggi più diffuse, quella pacifista, che proietta sull'intera comunità umana il sogno dell’assenza di conflitto e di una fratellanza universale. Il video di Yael Bartana A Declaration (2006) in cui un uomo a bordo di un’imbarcazione approda su uno scoglio dove campeggia una bandiera israeliana e la sostituisce con un albero di ulivo, sembra indicarci ciò che è necessario per perseguire questo ideale: visionarietà, coraggio, simboli condivisi, poesia.

Link diretto per scaricare materiali stampa:
https://www.comune.modena.it/galleria/area-giornalisti/a-cosa-serve-lutopia

Informazioni generali
Mostra A cosa serve l’utopia
A cura di Chiara Dall’Olio e Daniele De Luigi
Sede Galleria Civica di Modena
Sale superiori, Palazzo Santa Margherita
Corso Canalgrande 103 - Modena
Periodo 28 aprile - 22 luglio 2018
Inaugurazione 27 aprile 2018, ore 18
Press preview 27 aprile 2018, ore 11
In collaborazione con Fotografia Europea, Magnum Photos e Contrasto

Orari di apertura
Mercoledì-venerdì, 10.30-13 / 16-19
Sabato, domenica e festivi, 10.30-19

Ingresso
intero 6 €
ridotto 4 €

Ingresso ridotto a fronte della presentazione del biglietto di ingresso a Fotografia Europea. Con il biglietto di ingresso alla mostra A cosa serve l’utopia si potrà usufruire di una riduzione del biglietto di ingresso a Fotografia Europea, da 15 € a 12 €.

Per tutte le riduzioni, convenzioni e gratuità, visitare il sito: 
https://www.comune.modena.it/galleria/mostre/a-cosa-serve-lutopia

Da aprile a luglio 2018 col biglietto da 6 € è possibile visitare tutte le mostre organizzate da FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE

Informazioni
tel. +39 059 2032911/2032940 - fax +39 059 2032932
www.galleriacivicadimodena.it


Le Mostre Alla Galleria Civica Di Modena - Modena

Giovedì 17 maggio 2018, ore 18
How to look: l’arte spiegata da Ad Reinhardt
Incontro con Robert Storr

Galleria Civica di Modena
Palazzo Santa Margherita

Ingresso gratuito

In inglese con traduzione in italiano

Nell'ambito della mostra Ad Reinhardt. Arte + Satira (in corso fino al 20 maggio) il curatore e storico dell’arte Robert Storr, docente di pittura alla Yale University School of Art di New York, incontra il pubblico per approfondire un aspetto ancora poco conosciuto del celebre artista americano.

Pubblicata a pagina intera nell’edizione domenicale del quotidiano newyorkese PM nel corso del 1946, la serie How to look è un ricco insieme di fumetti che furono utilizzati da Ad Reinhardt (Buffalo, 1913 - New York, 1967) come piattaforma per difendere in modo appassionato lo sviluppo e la comprensione dell’arte astratta in America e per insegnare a superarne le difficoltà di approccio. Visualizzando e dettagliando concetti, nomi e categorie, i divertenti cartoon di Reinhardt tentano di avvicinare il pubblico al panorama artistico del tempo e rappresentano un’importante dichiarazione dell’universo concettuale dell’artista.

Fu proprio Robert Storr, nel 2013, a portare per la prima volta la serie all’attenzione del pubblico grazie a una mostra dedicata ospitata alla galleria David Zwirner di New York in collaborazione con la Ad Reinhardt Foundation. Tra i maggiori studiosi della pittura moderna e contemporanea, Storr ha lavorato per oltre dieci anni al Dipartimento di Pittura e Scultura del MoMA di New York, nel 2007 ha diretto la Biennale d’Arte di Venezia ed è attualmente docente di pittura alla Yale University School of Art di New York, di cui è stato Preside di Facoltà dal 2006 al 2016.

Informazioni
Tel. +39 059 2032911 / 2032940
www.galleriacivicadimodena.it
Museo Associato AMACI



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    Data ultimo aggiornamento pagina 2018-05-12 18:33:47
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